Ho sentito un’intervista alla radio di B. L’ho ascoltato. C’erano i soliti slogan: le mani nelle tasche, il governo coesissimissimo, la prontezza di riflessi che nemmeno Buffon, l’apprezzamento unanime di tutta la galassia, il plauso degli industriali. E poi le solite argomentazioni falsosimili: la Grecia, non me ne parlare, prima ero ottimista ma questa volta è diverso, abbiamo dovuto salvare l’euro, in poche ore abbiamo fatto una manovra da ventiquattrovirgolanovemiliardi. E allora ho pensato che l’altro giorno, in tv, mi avevano spiegato che invece era già tutto previsto, che B e T, l’alter ego che gli sta facendo le scarpe, erano pronti da mesi con la manovra che hanno confezionato in poche ore. Ce lo spiegava Belpietro, in tv, che se non ho sentito male, era anche l’intervistatore di B stamattina.

La verità è che questa manovra non risolve proprio nulla. Che il balletto sulle province è vergognoso. Che gli interventi sugli statali sono demagogici e in alcuni casi illegittimi, che rinviare il pensionamento di alcuni per alcuni mesi risolve solo alcuni problemi per alcuni mesi, oltre a essere ingiusto. Che per quanto riguarda il pensionamento delle donne che lavorano per lo Stato a sessantacinque anni bisognerebbe discuterne e precisare, perché così è un intervento proprio sbagliato. Che i tagli alla spesa sono a casaccio e infatti si stanno incavolando tutti, Formigoni compreso (per dire). Che non c’è alcuna riforma strutturale, dice Marcegaglia, e ha ragione: infatti nessuno tocca rendite (vere), né il sistema (quello che vede coinvolta proprio la grande impresa) e nessuno pensa minimamente di sostenere i redditi più bassi e la domanda interna e il futuro di chi non ne ha (i giovani possono tranquillamente invecchiare, nessuno si occuperà di loro). Tutte cose che c’erano anche prima della Grecia, ovviamente, e di cui non si dice nulla. Nel frattempo, si fa la voce grossa, ma si aiuta ancora Roma e non si allentano le maglie del patto di stabilità nemmeno per i Comuni virtuosi, nemmeno per gli investimenti, nemmeno per le cose utili.
Dal punto di vista culturale, l’inversione di rotta sull’evasione è il fatto più eclatante: ora pare che il vero problema del Paese sia l’evasione. Che il federalismo in realtà sia solo un capitolo della lotta contro l’evasione, perché si è scoperto che al Sud si evade di più. Che per salvare il Paese bisogna contrastare i furbi. Già.
Il Pd, in tutto questo, deve farsi sentire di più. «Se non cambia, voteremo contro», come leggo oggi su l’Unità, non mi pare un grido di battaglia. E la difesa della Costituzione formale deve diventare occasione di promozione della Costituzione materiale. E di un Paese che raccoglie le sfide vere e programma le sue scelte, cercando un diverso equilibrio, perché a furia di non mettere le mani nelle tasche, a parecchi sono già spariti i pantaloni. Ieri, in un dibattito sulla Costituzione, un’esponente del centrodestra particolarmente incazzosa, ha spiegato che i tempi del sistema politico sono troppo lunghi e che bisogna cambiare la Costituzione prima di tutto per quello. Faccio notare che abbiamo cambiato impostazione di governo in una settimana, presentato una finanziaria alle parti sociali la mattina e l’abbiamo approvata nel pomeriggio. E si andrà avanti a colpi di maggioranza, come sempre. Sulla fiducia, proprio quella che manca ai cittadini.

  •  
  •  
  •  
  •  

Commenti

commenti