A Novara (ma anche a Biella), pare che l'amministrazione comunale sia impegnata in una campagna contro il burqa, attraverso l'«apposita ordinanza». Premetto che il burqa a me non piace per niente, ma vorrei far notare alcune incongruenze. Da una parte, la signora in burqa, a cui è stato chiesto di mostrare il volto per ragioni di sicurezza, il volto lo ha poi mostrato (la presenza del marito, come sempre in questi casi, non aiutava per niente). Dall'altra, la signora ha comunque dovuto pagare la multa (molto probabilmente la misura amministrativa è illegittima, in ogni caso è stata applicata in modo molto discutibile). Pare tra l'altro che Sara Palladini, esponente del Pd locale, si sia coperta completamente il viso, sia entrata nello stesso ufficio postale e nessuno le abbia detto niente (la sicurezza non vale per tutti o forse l'ordinanza prevedeva un certo tipo di copertura).
La verità è che la questione del burqa è molto complicata: troppo, per essere risolta con la solita, pedestre misura locale. Come sa Sarkozy, non è facile nemmeno legiferare contro il burqa, né stabilire quanto ci si possa coprire o scoprire, come in Italia ci spiega una settimana sì, una settimana no il ministro Carfagna. La cosa più intelligente, in proposito, la disse un giorno Romano Prodi, parlando della necessità di avere sempre e comunque il viso scoperto. E infatti anche la legislazione italiana prevede che una persona sia sempre identificabile. E su questo, francamente, ci piove pochissimo.
Sul versante culturale, invece, il cammino è più accidentato, perché la cultura di cui Sarkozy è interprete rigoroso prentenderebbe, per legge, che sparissero tutti i simboli religiosi nei luoghi pubblici e nell'abbigliamento delle persone che li frequentano. Non so che cosa succederebbe in Italia, in proposito…
Il dibattito a livello nazionale, se correttamente impostato (intendo dire: se non orientato alla semplice propaganda), è certamente interessante. Il dibattito locale, lo ribadisco, è invece molto pericoloso. Vietare con l'«apposita ordinanza» questa o quella cosa, usare l'urbanistica contro le moschee e contro «i zingari», stabilire una regola diversa Comune per Comune è nel migliore dei casi una cosa inutile e dannosa. Anche perché chi 'pretende' l'integrazione a colpi di legge, dovrebbe poi essere il primo a promuoverla con atti concreti, legittimi e anche utili al raggiungimento dell'obiettivo.
P.S.: tra l'altro, l'ordinanza stessa non parla di burqa (già: le ragioni probabilmente sono in parte quelle che ho cercato di esporre) ma ordina che «in tutto il territorio comunale, nelle aree pubbliche ed aperte al pubblico nelle vicinanze di scuole, asili, università, uffici pubblici e all’interno degli stabili che sono sede di dette istituzioni, il divieto di indossare abbigliamento atto a mascherare o a travisare il volto delle persone in modo che possa impedire o rendere difficoltoso il riconoscimento delle stesse. Tale divieto non si applica nel caso che norme di legge obblighino l’uso di abbigliamento particolare (come ad esempio il casco dei ciclomotoristi o dei motociclisti durante la marcia dei veicoli) od in occasione di manifestazioni tradizionali (come ad esempio il carnevale) o comunque autorizzate». Notare l'«apposito» riferimento al carnevale.

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