Ottavo post per il Post, dall'Iowa. Qui li trovate più o meno tutti.
«It’s Eden?».
«No, it’s Iowa».
Celebre è la battuta di Field of dreams, un film di qualche tempo fa che in Italia hanno tradotto come L’uomo dei sogni. Qui è partito il sogno di Obama, qui il tempo si fermò, quando il presidente in cui i «cinici» non avevano mai creduto segnò il punto di svolta della sua corsa verso la candidatura democratica. All’insegna del tema, a lui caro fin dal 2004, di una «more perfect union», suggestione su cui sto lavorando in questi giorni, riflettendo sull’unità d’Italia, tema sempre meno attuale, nonostante le celebrazioni del prossimo anno.
È la provincia, l’America profonda, il Midwest, i campi di mais (quelli del film), l’economia che cambia, l’arrivo dell’eolico e dell’agricoltura per fare il carburante ecologico. Ci sono gli Ogm e c’è il biologico: c’è addirittura Slow Food. Ci sono i valori antichi, parecchi (e parecchio antichi) della società rurale, e c’è il tema della competitività e della capacità di innovare per essere leader.
È la ‘provincia’, quella che esprime un voto complesso, forse paradossalmente più difficile da interpretare rispetto al voto metropolitano: un compito per i democratici, a tutte le latitudini e a tutte le latitudini (perché ormai succede anche da noi, con una differenza che aumenta sempre di più). Non a caso, cambiando continente, Cameron ieri era in Cornovaglia (proprio sulla scogliera, per intenderci), scrive il NYT, per prendere le distanze da una certa politica fighetta, splendidamente rappresentata da Nick Clegg, per ribadire per l’ennesima volta che la politica è una cosa seria, che ci vogliono uomini così, che sanno che cosa è giusto fare. E si impegnano a farlo, non a prometterlo soltanto.
È il maledettissimo tema del radicamento, di cui si straparla in Italia ormai da settimane (nel Pd soprattutto, perché non ci facciamo mancare mai nulla, nemmeno la retorica sulla nostra retorica). Qui però ha un senso, se il radicamento significa approfondimento, se si concepisce cioè come quell’indagine necessaria nel vasto mondo del prepolitico che era anche la parte più interessante dello stracitato libro di Lakoff (che quasi tutti ancora oggi pensano che fosse che non si doveva pensare all’elefante ovvero all’avversario, mentre il problema era parecchio più complesso e faceva riferimento proprio all’impianto valoriale, il frame, che determina le nostre scelte elettorali e la formazione del consenso in campo politico).
Qui l’America cambia, e si aggiunge un altro punto di vista: e pluribus unum, del resto. Da non confondere con una certa reductio a cui nel nostro Paese ci stiamo abituando da fin troppo tempo.

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