Piccole e modestissime riflessioni sul dibattito che si è già aperto (a proposito, le regionali le abbiamo già archiviate o vogliamo commentare il nostro brutto risultato?).
1. Facciamo le primarie, per tempo, un anno prima, prima dell’estate o a fine settembre (non come quest’anno, che le primarie sono state rinviate, nonostante noi le avessimo chieste (ci dicevano: «è troppo presto»), e poi non si sono fatte perché era «troppo tardi»: fantastico).
2. Non dividiamoci tra «primarie di partito» e «primarie di coalizione»: è un falso problema o, forse, più precisamente, una presa in giro. Si stabilisca un giorno e chi vorrà partecipare, parteciperà.
3. Non limitare le primarie a una questione di nomi e cognomi («mi sono rotto i cognomi» è il mio slogan preferito). Persone e proposte, insieme. Uno o più leader con un progetto politico che li sostenga e un gruppo dirigente da proporre al Pd, alla sinistra ma, soprattutto, alla città.
3. Non parliamo più di Udc per un mese: alle Europee, i Radicali presero, a Milano, più voti dell’Udc, per dirne una. L’alleanza la vediamo alla fine o, quantomeno, a metà strada, alla luce del progetto politico che abbiamo in mente. Non si può fare a freddo, l’alleanza, né parlarne come se fosse il tema esclusivo di cui dobbiamo occuparci.
4. Non diamoci più alibi: vinciamo nelle città e perdiamo in provincia? Milano fa eccezione da vent’anni. Le candidature sono state raramente convincenti e, dopo la sconfitta di Dalla Chiesa, si è pensato che non fosse il caso di fare troppa politica. E, invece, l’approccio politico è fondamentale e Milano è una grande città, che ha forse bisogno di ritrovare se stessa. Partire ‘bassi’ potrebbe essere la nostra (ennesima) rovina. Ci vuole un po’ di orgoglio, accidenti.
5. Sento parlare di una iniziativa «civica»: cerchiamo di evitare lo stucchevole dibattito tra «partito» e «società civile» che esiste solo nella testa dei dirigenti del Pd. Ci vuole un progetto, ci vuole orgoglio, ci vuole una proposta politica degna di questo nome.
6. Apriamo un circolo del Pd in via Padova, subito. Mettiamoci il comitato elettorale. Partiamo dai simboli del malgoverno morattiano: l’ecopass che non serve a niente, l’urbanistica che è un affare (!) per gli immobiliaristi e non una ‘cosa’ da cittadini, la qualità della vita dei cittadini, il flusso enorme di pendolari che ci viene ogni giorno, le scuole e tutto quello che c’è, a Milano, da ripensare, dopo vent’anni di governo ‘decorato’. Togliamoci le mostrine perché, in una città civile, governano i civili, appunto, non i militari (veri o, come nel nostro caso, presunti).
7. Mettiamoci un po’ di uguaglianza, in tutto questo: ri-scopriamo il degrado, chi soffre, chi è in difficoltà. Costruiamo nuove relazioni con i cittadini abbandonati a se stessi. Mettiamo in campo, forse per la prima volta, quel progetto del Pd che abbiano nel cassetto. Proviamoci. Così, anche se perderemo, non avremo perso in partenza, ma alla fine. E, magari, può capitare anche che si vinca.

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