«Chïunque i lidi incautamente afferra delle Sirene, e n’ode il canto, a lui né la sposa fedel, né i cari figli verranno incontro su le soglie in festa». Si parla molto di sicurezza, si invocano le sirene della polizia (candidando, al contempo, sirenette e togliendo fondi alle forze dell’ordine), eppure si circoscrive il tema ad una sorta di microsicurezza, per altro neppure frequentata se non nella propaganda. Il ricorso alla Protezione civile, ben prima degli scandali, destava qualche sospetto, uno su tutti: che si tratti, pensando all’Italia, di un Paese a posteriori. Da Nord a Sud, poco cambia. Le tristi sorti messinesi dell’alluvione non hanno impensierito i costruttori del ponte. L’attentato al Lambro e ai fiumi della pianura padana, per finire nello stesso Po (dio, forse, ma certamente dimenticato), non ha fatto ancora fatto riflettere sul dato più ovvio: che le zone a «rischio di incidente rilevante» (formula ‘alta’ come il pericolo che si corre) andrebbero controllate e sorvegliate, in nome di una sicurezza che costa (prima) ma che farebbe risparmiare milioni di euro (dopo). Le inchieste sulle bonifiche in Lombardia, che hanno interessato da vicino il ceto politico della Regione che si presenta come la più avanzata d’Italia e, a sentire il suo presidente, del pianeta, non hanno ancora fatto riflettere a sufficienza sulla quantità di situazioni critiche che, in tutto il territorio nazionale e soprattutto nella sua parte più produttiva, riguardano gli interventi in campo ambientale. Impianti pericolosi, attentati in odore di malavita, criminalità organizzata in quelli che in burocratese si chiamano «servizi di pubblica utilità»: tanto poi c’è la Protezione civile. Un territorio esposto alla cementificazione e alla lottizzazione, neanche ci trovassimo nel dopoguerra della ricostruzione, e esposto al rischio che qualcuno giochi con il fuoco, come è accaduto nel complesso industriale nei pressi della città di Monza, dove sono stati sversati, dolosamente, migliaia di metri cubi di gasolio finiti, poi, nelle condotte fognarie, nel depuratore (ora bloccato) e nel fiume Lambro. Dalla gelatina al bitume, per parlare di metafore influenti, il passo è breve e, però, parecchio inquietante. Materia per la sicurezza, quella vera, e per la prevenzione. Crimini ambientali da sanare e da scongiurare. Controlli e verifiche (il vero problema italiano) da compiere. Ci vorrebbe una politica determinata e forte, in questo campo. Prima che il Paese finisca come quegli uccelli, incatramati stile Iraq, che la televisione ci ha trasmesso. Da Monza, da Lodi, da Piacenza. E ancora più a valle. Sempre più giù.

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