Non sono molto d’accordo con Andrea. Certo, il web italiano è italiano. Certo, il web italiano è parte di un quadro politico e sociale di un certo tipo. Certo, molti seguono blog o siti di informazione indipendenti come si fa, a volte, con i programmi radiofonici: un’esperienza intima, a cui ci si affeziona, senza troppo spirito critico. Tutto vero. Sembra dimenticare, però, Andrea, che questa, per molti, è l’epoca dello sharing e di una condivisione di contenuti libera, ma non per questo cazzara (termine tecnico). Quando pubblico qualcosa sul piccolo blog che amministro, sono certo che nel giro di pochi minuti qualcuno commenterà, correggerà, mi farà la “seconda domanda” che i giornalisti non fanno più, cercherà altre informazioni, mi segnalerà qualcosa di simile o di diverso, si metterà a discutere con gli altri lettori. Tutto molto veloce e copyleft, tutto molto diverso da quello che accade in molti altri ‘mondi’ italiani. Anche i social network costituiscono un potente back office per il dibattito pubblico e per l’iniziativa politica, per fare insieme delle cose che altrimenti non si farebbero. Dal No-B Day allo Sciopero degli stranieri, per citare soltanto i due episodi più recenti. Ora, se si vuole, e se loro sono disponibili, tutti i politici sono immediatamente raggiungibili. E le persone che scrivono loro sono molto civili e rispettose, preparate e disponibili. Certo, ci si può imbattere in soggetti particolarmente aggressivi. Certo, può capitare la provocazione. Ma l’esperienza che ho maturato in questi anni mi dice che più si è liberi e sinceri, meno si incontrano cose e persone spiacevoli. Dipende dal ‘taglio’ che si dà alle informazioni, alla capacità di mettersi in relazione, alla disponibilità a esporsi al pubblico ludibrio. Quanto alle tribù, per concludere, mi pare che in questo Paese le consorterie e le caste siano altre. E mi fermo qui, per non sembrare antipatico e acritico e tribale a mia volta.

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