Se voterò contro lo Sblocca Italia e il Jobs Act non è perché voglio la scissione (ho fatto di tutto per rimanere nel Pd, quando Renzi sostituì Letta tipo la giraffina di Copenhagen, sapendo che avrei perso metà della ‘faccia’), ma perché credo sia giusto, tutto ma proprio tutto considerato, non sostenere simili scelte, che fanno pensare al manifesto della destra, quella italiana, quella degli ultimi anni.

Scelte ideologiche, che negano il liberalismo e i diritti. Scelte agitate appositamente, per costruire una prospettiva nuova e però vecchissima, quella balena rosa di cui parlavo già un anno fa, quando Renzi nemmeno c’era. Ora lo chiamano partito della nazione e Cacciari spiega perché è una contraddizione in termini, oggi, su Repubblica.

Non è un calcolo, il mio: avessi fatto calcoli, sarei da un’altra parte, sicuramente più comoda, sicuramente à la page. Lo farei con qualsiasi governo, con qualsiasi partito.

Tra l’altro, e lo chiedo a molti colleghi, se il testo del Jobs Act non cambia di un millimetro (cit.) come potranno votarlo tutti coloro che al Senato dicevano di attendere la Camera (e meno male che il bicameralismo non va bene, eh), coloro che si sono lamentati della fiducia (che infatti viene messa ancora, come capita ormai ogni settimana), coloro che si auguravano un miglioramento significativo della legge?

Lo chiedo senza pensare che sia facile o scontato (non lo è) votare contro il governo che si sostiene. Ma qui, mi pare, sono in gioco le ragioni e la natura stessa di quel sostegno.

Perché per votare le cose che proponevano Sacconi e il Berlusconi delle grandi opere (salvo il ponte sullo Stretto, che però il ministro definisce necessario, a scanso di equivoci), avremmo potuto votare Forza Italia 20 anni fa. Fare la sinistra della destra, che sembra cosa particolarmente geniale di questi tempi.

E a chi si domanda che cosa sia la disciplina, credo che la disciplina e l’onore (quelli costituzionali) portino a votare disciplinatamente in Parlamento ciò che abbiamo promesso agli elettori e non il contrario. Perché il Pd (non io) ha già votato le liste bloccate e le soglie pirenaiche del nuovo Porcellum, ha già votato l’aumento indiscriminato della precarietà con il Poletti, ha già cambiato (almeno al Senato) la Costituzione con un pasticcio biblico, ora vota la legge Sacconi per sterilizzare (così si legge sui giornali oggi) i sindacati, le autostrade senza gara, le fonti fossili dappertutto.

Ditemi voi se è disciplinato e onorevole e coerente sostenere le scelte che abbiamo sempre avversato, fino a quando siamo stati eletti. Perché poi abbiamo fatto qualcosa che non era scritto da nessuna parte, con uno stile e con argomenti che – anche quelli – non mi paiono affatto coerenti con quello che diciamo di essere e forse vorremmo essere.

Prima il merito, le cose che riguardano i cittadini, poi le tattiche e le scelte strumentali (degli altri). Se poi qualcuno dopo avere osservato l’indisciplina del disciplinato vorrà liberarsene, sinceramente non è un problema mio. Non ho niente da perdere e lo dico a chi anche qui sotto continua a fare malizie assurde. Ho solo una responsabilità: avere capito fin dai 101 che si finiva così e averne sofferto, senza riuscire a convincere un numero di persone sufficienti, dentro e fuori il Palazzo, che le cose non sarebbero tornate più come prima. Che di per sé non sarebbe un problema, se la situazione non volgesse al peggio.

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