Sottotitolo: Obama non abita ancora qui. Voglio credere che questo sia il commento (ad un mio post) di una persona vera e non di un buontempone che intende far rivivere l’immagine della casalinga di Voghera (che abbiamo colpevolmente dimenticato di fronte a un televisore acceso tanto tempo fa). Lo prendo per buono e cerco di rispondere, spiegando la necessità di un uso della rete di qualità da parte di chi si muove a sinistra.

Caro consigliere Civati,

io sono una casalinga e le assicuro che per me la rete svolge una funzione fondamentale, ma al tempo stesso le comunico anche che mi risulta molto difficile poterne fare quell’uso massiccio che ne fate lei e i suoi amici (solo oggi lei ha postato 12 contributi), mentre io oggi ho dovuto fare la spesa grossa (detersivi, carta igenica, ecc…), fare la spesa minuta (frutta, verdura, pane), cucinare la cena di questa sera e predisporre per il pranzo di domani, lavatrice, strirare, rifare i letti ecc… Per cui poi uno la sera arriva morta e l’unica cosa che vuole fare non riguarda certo la democrazia on-line! Se invece questo partito proponesse, che so ad esempio cose un po’ concrete come la banca del tempo (sa di che cosa si tratta) o un servizio di baby sitter (fatto dalla figlia di qualche "compagno") quando ci sono le riunioni di circolo, forse l’aiuto sarebbe maggiormente efficace e ci permetterebbe di partecipare attivamente di persona, piuttosto che inviare i nostri contributi on-line. Ci sono molte cose [persone?] che non usano facebook e che vorrebbero essere coinvolte ugualmente.

Cordialmente,

Maria Piattelli 

A parte che questo problema riguarda più i carichi di lavoro che la democrazia online (in un Paese in cui alle donne tocca ancora fare quasi tutte le cose che Maria mi scrive, quando il ‘carico’ potrebbe essere ben diversamente ripartito), risponderò che non c’è alcuna (alcuna!) distanza tra una buona democrazia tradizionale e un buon uso del web. Ne avevo già parlato qui (e in Nostalgia del futuro), a proposito di una curiosa polemica che lanciarono, a febbraio, sia Bersani, sia Franceschini, ma vale la pena, credo, ritornare su alcuni argomenti. Bersani ha recentemente affermato: «Va bene, sì, Internet, la tecnologia e tutto l’ambaradàn. Ma non si può fare politica se non si guarda la gente negli occhi». Tutto vero e insieme tutto sbagliato. (1) Intanto, per prima cosa, perché le persone hanno sempre meno tempo da dedicare a se stesse e anche alla politica, e lavorano con il computer soprattutto. E quindi, in presenza di questi due dati inoppugnabili, non si capisce perché non accompagnarle nel corso della giornata con puntuali informazioni e occasioni di partecipazione anche telematiche. Per fare politica si usa il telefono, no? Non capisco bene che cosa di diverso ci sarebbe nell’utilizzo di uno strumento come la rete, che tra l’altro ha potenzialità ben più estese. (2) In secondo luogo, anche per organizzare gli eventi nei quali «la gente», appunto, «si guarda» dritto «negli occhi», il mezzo telematico si è rivelato formidabile, oltre che pressoché gratuito. Quasi tutto quello che ho organizzato negli ultimi anni, correva sul filo di un doppino. E serviva proprio per incontrare le persone, prima online, poi de visu, per prendere un treno e tirare tardi, come una volta. E i migliori blogger del Pd sono spesso persone impegnate politicamente e alcuni fanno addirittura i coordinatori di circolo (cavoli!). (3) All’argomento, «ci sono molte cose [persone?] che non usano Facebook e che vorrebbero essere coinvolte ugualmente», lo so, anche se queste persone diminuiscono, in percentuale, ogni giorno di più. Siccome però tante persone lo usano, il web (Facebook quasi dieci milioni, in Italia), non capisco perché non avere con loro un rapporto stretto e continuo (cercando, con le altre persone "non collegate", forme di coinvolgimento diretto, che mi paiono, tra l’altro, abbandonate da tempo immemore). Soprattutto se penso che sono le persone che i sociologi chiamano "popolazione attiva" e, tra loro, in particolare, i giovani (e in generale le persone al di sotto dei quarant’anni), proprio quelli che la politica continua a non rappresentare. E sono anche quelli che preferiscono internet alla tv, soprattutto in un Paese in cui l’informazione è quella che è (avete presente quel signore chiamato B?). (4) Ma c’è un punto in più, ancora, che rende necessaria la costruzione di una rete. Il web ci insegna la prospettiva orizzontale, di confronto e di scambio, di sharing: una prospettiva potentissima. Che non sostituisce quella della realtà (sempre che oggi ne esista una, di realtà assoluta, del tutto separata dalla virtualità), ma che la integra: di più, la rilancia. Perché la politica, se fosse come un web, sarebbe migliore. Una ‘cosa’ tra le altre, in perenne condivisione e in crescita continua. Tu chiamala, se vuoi, democrazia. Alla casalinga proponiamo allora un patto: migliore qualità della democrazia, maggiore partecipazione (= maggiore informazione + maggiore coinvolgimento). E quanto agli orari delle riunioni, si possono anche cambiare. E le modalità (soprattutto) ripensare. E le baby sitter, contattare. Magari sul web. E la mia non è una provocazione. No, non lo è.

P.S.: un quarto d’ora dopo aver pubblicato il post, mi è arrivato questo commento: «il nostro circolo di Sestu mette a disposizione una baby sitter durante le riunioni i direttivi o i dibattiti per permettere alle mamme di partecipare tranquillamente». Potenza della rete (appunto). Per la cronaca, il Pd di Sestu lo trovate qui e qui. Come faccio a saperlo? Tutto merito di google. Se solo avessimo già quella rete dei Circoli virtuosi, con le "buone pratiche" democratiche…

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