Sul numero di BestMovie in edicola, un contributo del vostro affezionatissimo, dedicato a Berlino. Le ultime righe del pezzo:
Perché a Berlino non è e non sarà più un anno zero, come in quel film di Rossellini. No, gli anni passati ci sono ancora. Si sentono e si possono vedere, dall’alto del grattacielo di Kollhof o nel drammatico percorso del Museo ebraico di Libeskind, si possono osservare da un caffè a Prenzlauer Berg o passeggiando per Mitte, per dare infine uno sguardo verso Pankow e verso il passato del comunismo e la lunga teoria dei Plattenbau, quei prefabbricati che ora hanno dell’incredibile. Oppure ci si fa un kebab a Kreuzberg, perché Berlino è una metropoli della globalizzazione, dove Obama ha voluto parlare al mondo, nel luglio del 2008, perché il mondo era lì, tra i giovani che lo attendevano alla Siegessäule, la Colonna della Vittoria, mentre un angelo di Wenders osservava dall’alto. Immaginiamo sorridendo e pensando che Obama avrebbe vinto sul serio, parlando di pace e di muri da abbattere, di ponti da gettare, di una storia nuova. Che ricomincia, ripartendo proprio da quella città che qualcuno aveva salutato, dicendosene cittadino. Passato e futuro, Obama e Kennedy, guerra e pace.
Per chi ha vissuto anche solo una piccola porzione di Novecento, Berlino «è per me» come dice la spia alla fine di Le vite degli altri, quando va in libreria a comprare il romanzo che gli ha dedicato l’artista che lui spiava e che aveva salvato dalla polizia politica. Una città della memoria e insieme del futuro. Memoria e futuro: che forse, poi, a guardare bene, da lontano (e però così da vicino), sono la stessa cosa.

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