Con Andrea Mollica (il mitico Al Gore di Luino) e il bravo Riccardo Genovesi (lui sì, giovane davvero) a parlare di politica, al tramonto, a Gemonio, il paese di Umberto Bossi. Un altro luogo simbolico dell’Italia politica dei nostri tempi. Festa democratica (ottimo il fritto, la salamella non delude) allestita al campo sportivo, al di là della ferrovia, a due passi dal lago di Varese. Nel verde: qui la Lombardia lo è ancora. Presentiamo Nostalgia del futuro senza averne a disposizione nemmeno una copia (era già accaduto a Broni: l’autolesionismo è una malattia del centrosinistra…). Si parla di un partito che deve tornare alle persone, organizzarsi, non abbandonare i circoli a se stessi come è accaduto negli ultimi mesi. Un partito che deve ritrovare una direzione chiara, precisa, e che deve spendere i suoi argomenti con costanza, senza continuare a dividersi tra questo o quel leader. Qualcuno ricorda leadership antiche (Berlinguer e addirittura il Craxi dei primi tempi), altri rimproverano a Veltroni quasi tutto, a cominciare dalla debolezza culturale del discorso del Lingotto, che mi sento invece di difendere, nonostante quella impostazione andasse poi discussa in profondità, rafforzata e praticata. Molte critiche, tra di noi, per cercare di capire però che cosa fare. Un signore alla fine si scoccia: «è ora di finirla, sei troppo critico», mi dice. E però ho solo voluto dire che noi dovremmo fare cose semplici: ritrovare un’organizzazione che coltivi il rispetto per la base, che la ascolti e se ne prenda cura. Parlare sempre pensando che ci rivolgiamo a qualcuno, non attraverso quel monologo interiore, quello stream of consciousness che ci accompagna sempre, allontanandoci dalla comprensione della realtà (e, che poi è lo stesso, dalla comprensione dei cittadini). Mi chiedono del lavoro e del rapporto con il mondo della produzione: rispondo che c’è già una convergenza delle diverse mozioni e che forse dovremmo fare in modo che i nostri ragazzi portassero le posizioni del Pd tra i loro coetanei, nelle aziende in difficoltà, tra gli artigiani che non ci votano nemmeno sotto tortura. «Scarpinare!», dice Bersani. Diamo un metodo e una strategia allo “scarpinamento”, allora. E facciamo quello che Bossi fece tanti anni fa, girandosi la Lombardia con mezzi di fortuna, in solitaria, dando l’avvio a quel romanzo padano che forse dovremmo saper interpretare (anche con strumenti nuovi). Di anni ne sono passati tanti: forse ora tocca a noi “darci una mossa”.

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