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D’Alema parla di «balcanizzazione». «E Radio Tirana trasmette musiche balcaniche»: spunta un candidato al giorno alla segreteria, all’insegna della suprema confusione. Nessuno parla di proposte, idee, modalità di lavoro: è l’eterno ritorno dell’uguale democratico e sembra di essere tornati al 21 febbraio, quando si elesse Franceschini in un clima di emergenza, quasi si trattasse dell’«ultima spiaggia» (vedi sotto). C’è aria di ‘accordone’, di convergenza di tutti sul nome di Pierluigi Bersani, senza che questo comporti alcuna discussione, alcun approfondimento e, soprattutto, alcuna ‘scelta’. Bersani si è quasi candidato due anni fa, poi a febbraio, su Repubblica, per poi nemmeno presentarsi come candidato all’assemblea nazionale, qualche giorno dopo, come molti di noi chiedevano, all’insegna della chiarezza e della coerenza che un leader dovrebbe avere. Oggi dice che si prende un weekend per mettere a punto la sua piattaforma programmatica. Boh. Intanto, «nei ritmi ossessivi», pare di scorgere «la chiave dei riti tribali», mentre, «nella Bassa padana», ci si chiede a cosa serva tutto questo. Risponditore automatico: a perdere ancora. Noi, i Piombini, ci teniamo lontano da questi «dervisches tourneurs». Parliamo di cose da fare, di partito da costruire, di metodo da adottare. Non abbiamo accordi da fare, se non con la realtà e con la società italiana.

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