Avrete già sicuramente letto Diamanti su Repubblica. Nel caso non lo aveste ancora fatto, fatelo ora. Si parla di B e di Franceschini, soprattutto. Si parla di sondaggi e Diamanti ce li ha un po’ troppo buoni: se si va avanti così, a giugno saremo all’80%. Si parla del Pd e del recupero di delusi e «esuli», come Diamanti li chiamò in un articolo ormai famoso. Si parla della strategia franceschiniana e si capisce che il segreto sta tutto in quell’essere anticiclico del segretario, che sembra forte proprio perché sobrio, che può con la sua modestia recuperare in voti in tempi di crisi della politica, che può permettersi di stare a sinistra proprio perché è un ex-dc, come nota una manifestante in piazza gli grida quando lo vede. Come nel suo secondo romanzo (il primo è bellissimo, il secondo così così), è stata una follia improvvisa quella che ha trasformato Dario, che lo ha riprogrammato per essere un segretario davvero reloaded e profondamente ripensato. Sullo sfondo, dopo due bruciacchiature, Bersani rosica, perché sa, come tutti, che Franceschini sta facendo bene. Il problema, però, è che ora è sufficiente, ma in futuro ci vorrà qualcosa d’altro: tutta questa modestia e sobrietà serve per recuperare i voti che la gestione precedente – di cui il Franceschini-prima-maniera è stato protagonista più o meno come lo è oggi – aveva dilapidato in pochi mesi. Dall’8 giugno chi ci sarà (forse non Rutelli, per capire Letta, invece, ci vuole il mago di Segrate) si troverà a dover costruire finalmente un partito, a lanciare un congresso che dica qualcosa anche al Paese, a presentare una svolta rivoluzionaria per la Sinistra e per l’Italia. Tutto questo dovremo farlo insieme, dovremo farlo in tanti.

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