L’Unità in edicola oggi riporta un breve intervento di Ivan e mio (e nostro, nel senso dei ‘contemporanei’) rispetto alla conferenza programmatica del Pd. Diciamo, in breve, che è tutto bellissimo, però la conferenza avrà successo solo se (1) darà voce al partito diffuso e se (2) sarà una grande occasione per una campagna politica e culturale, simile alle elezioni primarie del 2007 e alla campagna elettorale dello scorso anno. Comprate il giornale e diteci che ne pensate: per noi è la cosa più importante. Qui di seguito il nostro contributo.

Che in una fase difficile come questa il Partito Democratico decida di ripartire dal programma e dalle cose da fare ci pare un’ottima cosa. La conferenza programmatica di aprile sarà il modo migliore per definire il progetto del PD, rilanciarne la sfida nazionale ed europea, partendo dai contenuti: crisi ed Europa saranno al centro del dibattito e dell’elaborazione. Eccellente notizia. Ci sono due "però" da tenere in conto, tuttavia. Il primo riguarda l’enfasi con la quale è stata richiesta la "chiamata a raccolta", in questo difficile momento per il progetto del PD, delle sue grandi personalità. La stessa scelta di Massimo D’Alema come "direttore dei lavori" costituisce un segnale preciso di condivisione della responsabilità dell’esito della conferenza da parte di un leader storico e influente. Noi crediamo che la conferenza debba essere al contrario un momento di visibilità e di incontro che dia voce – più che ai gruppi dirigenti, essi stessi presi da una certa crisi di rappresentatività e di immagine in questo momento – al partito diffuso, alle esperienze, alle volontà e alle intelligenze presenti sul territorio in tutta Italia. Soprattutto davanti all’evidente necessità di non ritardare ulteriormente la creazione del tessuto connettivo del Partito e l’identità stessa ("l’anima", verrebbe da dire!) dei democratici italiani, crediamo che i protagonisti della conferenza debbano assolutamente essere i circoli e i piccoli azionisti della nostra compagine societaria. Il secondo "però" riguarda il percorso che forse è ancora più importante della conferenza programmatica in sé, e che non potrà essere un processo burocratico e formale. Dovrà essere invece un percorso aperto e coinvolgente, capace di attivare la partecipazione e di lanciare una sfida che dovrà essere politica e culturale insieme. Il percorso che ci condurrà alla Conferenza dovrà essere una campagna all’insegna di un cambiamento radicale della nostra immagine, di noi stessi e della politica italiana, che abbia la stessa potenza e lo stesso impatto nella società italiana che ebbero la fondazione del Partito e le primarie dell’ottobre 2007. Negli ultimi mesi abbiamo fatto molta fatica a parlare agli italiani e a costruire una "cultura democratica" coraggiosamente capace di rappresentare il potenziale rivoluzionario di un partito che è nato come una risposta ai grandi cambiamenti della società e del mondo del nostro tempo. Un partito in piena ed efficace comunicazione con il sentire del suo Paese non può che organizzare, per suo stesso istinto, per sua stessa natura, una conferenza in vista della quale ogni democratico possa sentire di dare il suo contributo, di poter fare individualmente la differenza.

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