Mi tocca, e ci tocca, per l’ennesima volta tornare sul tema giovani versus vecchi che tanto appassiona un paese dove si parla tanto di ricambio generazionale soltanto perché non lo si attua mai (è un po’ come il sesso, chi ne parla, poi, alla prova dei fatti…). Il punto, e spero che la vittoria di Obama lo abbia chiarito, non è meramente anagrafico, anche perché Obama sembra molto più giovane di quello che è, e già Blair, Clinton e Zapatero (che è nato lo stesso giorno, un anno prima) erano stati eletti a quarant’anni. Il punto è che Obama nel 2004, cioè soltanto quattro anni fa, fu eletto senatore dell’Illinois contro tutti i pronostici, e divenne ‘il’ vero e proprio outsider della politica statunitense con il celeberrimo discorso della convention di Boston. Ed è divenuto un esponente politico di primo piano capace di costruire, in soli quattro anni, una candidatura molto ‘lontana’ da Washington. Certo, Chicago è una città che è un po’ come la nostra Bologna, per capirci. E’ la città della political machine per definizione. Obama, insomma, non nasce dal nulla. Ma la storia delle primarie democratiche ci ricorda che c’era un bel pezzo di mondo democratico schierato dall’altra parte, con la famiglia Clinton, che rappresentava "il partito" e che ha perso per un soffio. Questo è il punto. E, allora, chi nei commenti, e nelle interviste, fa finta di non capirlo, sbaglia e sbaglia di grosso. Perché fraintende tutto quello che è successo negli Stati Uniti, dove Obama si è presentato come leader di una nuova generazione della politica, in senso anche anagrafico, certamente, ma nuova perché capace di superare le divisioni strutturali, gli steccati e le posizioni di partenza. Anche il Pd in Italia era nato con questa finalità, mi pareva di aver capito. Dopo aver letto i giornali, nelle ultime ore, temo di avere capito male. Non ce n’è: la generazione politica, qui da noi, è quella di sempre. Quella dell’89, per intenderci. E tutt’al più, nei confronti di Obama, ha una curiosa, ma a conti fatti del tutto legittima, ansia da prestazione (cfr. l’amara Marta di oggi).

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