Il sindaco di Chicago dice che un milione di persone confluiranno nello spazio allestito da Barack Obama al Grant Park per celebrare la sua campagna elettorale, domani sera, mentre tutto il mondo sarà con il fiato sospeso. Secondo me porta sfighissima dire certe cose, ma a contare i bagni chimici approntati nello spazio a due passi dal lago Michigan, ci si aspetta che ne arrivino davvero tanti, di sostenitori del Partito Democratico (più o meno come al Circo Massimo: forse per una volta è stato Obama a copiare Walter… scherzo). L’attesa si legge un po’ dappertutto, in una città in cui la partita è già chiusa a favore di Obama. Si ascolta nelle parole dei tassisti (qui non stanno con Alemanno, per capirci), di chi dice che non ha ancora votato perché vuole farlo nel giorno del giudizio, quel 4 novembre tanto atteso, di chi manda a quel paese Bush e di chi porta ancora, dopo tanti mesi di campagna elettorale, la t-shirt di Obama ormai scolorita. Si percepisce in un paese in cui gli otto anni di B (nel senso di Bush, l’amico del B di casa nostra) hanno lasciato poco spazio al suo successore repubblicano, un McCain che è stato largamente penalizzato dalla candidatura della sua inenarrabile vice e da una rincorsa elettorale forse troppo complicata. E si comprende nelle aspettative di quelli, e sono numerosi anche in Italia, che un anno fa Obama non sapevano neanche chi fosse, perché tanto le primarie avrebbe dovuto vincerle Hillary. Certo, come no. Siamo qui, la corsa è stata lunga, una delle vicende elettorali più massacranti di tutti i tempi. Manca un miglio, e arrivati a questo punto, bisogna percorrerlo tutto, perché ora conta l’organizzazione, la presenza in ogni contea, la capacità di mobilitare, in particolare, i giovani e i neri. Lo sanno i ragazzi con il badge ed un look inconfondibile che ieri sera abbiamo visto scendere, in Michigan Avenue, dal comitato elettorale di Obama. Ci assicurano che la macchina è a pieno regime. E che non si fermerà nemmeno al Grant Park. We hope.

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