Che a uno poi viene in mente Orfeo ed Euridice o il tram del dottor Zivago (o, ancora, la scena di Palombella rossa, in cui tutto il bar della piscina tifa perché Lara si volti). Però non bisogna voltarsi indietro, e Nanni Moretti con quella scena ci consegnava proprio il disagio del cambiamento, che è personale e collettivo insieme.  Sono passati tanti anni e, anche se in tono minore dal punto di vista ideologico, lo schema si ripropone fedelmente. Vecchi simboli o nuove opportunità? Passato o futuro? Vecchi sentieri o, finalmente, una strada nuova? Anche se il Pd sta attraversando una fase a dir poco desolante, bisogna riprendere il percorso che abbiamo intrapreso, senza sguardi retrovisori, senza nostalgie, anzi, con più coraggio. Organizziamolo, questo benedetto partito, che sembra di essere in un’associazione del dopolavoro iperburocratizzata e perfettamente inefficiente. E facciamo l’opposizione, senza ombre di sorta, con la limpidezza di un riformismo maturo. Arriviamo a un congresso politico, senza pensare di "mandare a casa tutti", ma nemmeno di dover vedere "sempre i soliti". Abbiamo parlato di meritocrazia in ogni salsa, in campagna elettorale: dimostriamo, noi per primi, che ci crediamo, e che il merito sia l’unico vero criterio di promozione delle classi dirigenti. Le correnti lasciamole da parte. Ora come ora non si capisce bene nemmeno cosa propongano. Se non quello specchietto per guardare indietro che serve solo a sentirsi più impreparati ad affrontare le sfide future.

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