Scusatemi, ma non posso credere che le proposte che illustro da tempo, e recentemente qui, siano assunte come tali dal Pd.

Che l’ordine del giorno presentato da un manipolo di dissidenti (anche se oggi in molti fanno finta di averlo sottoscritto) diventi la linea della maggioranza del partito.

Che la lista civica nazionale sia sparita e che tutti invece siano d’accordo che è il Pd a doversi rinnovare profondamente. Fino a una settimana fa, questo scenario era considerato irrealistico da molti. Quasi tutti.

Oggi su Repubblica si spiega, guarda un po’, che i big sono molto preoccupati dall’apertura del segretario, spaventati da uno scontro frontale tra Bersani e Renzi: non li sfiora nemmeno l’ipotesi che possa esserci qualcun altro, oltre ai due contendenti.

Bersani, si dice, gode di ottimi sondaggi, ma personalmente credo che la sfida, se si aprirà, si aprirà sul serio. E che, con i tempi che corrono, tutto scorra. E tutto possa cambiare.

Pare che sia soprattutto D’Alema a frenare, che Letta sia addirittura «terrorizzato», che gli esponenti del club del voto a ottobre non siano poi così lontani dal segretario come la stampa li vuole presentare: curioso che mezza segreteria si esprima contro il governo Monti, e che il segretario si limiti a smentire, come se fosse una cosa di poco conto.

Perché i nostri elettori faticano a capire di che cosa stiamo parlando.

C’è qualcosa che non mi torna, a cominciare dal fatto che dall’agenda sembrano sparite le primarie per i parlamentari, che sono la cosa più importante di tutte, anche perché – è ormai evidente a tutti – è molto difficile che la legge elettorale cambi. E i primi a dirlo sono proprio i big del Pd.

Quanto al ricambio, credo che lo spettacolo delle nomine di ieri sia largamente sufficiente per diffidare della buona fede di tutti questi ‘ricambiatori’ dell’ultima ora.

Per capirci, la mia posizione è la seguente: domani si va in direzione, si ascolta la famosa apertura di Bersani, si cerca di capire come saranno queste primarie per scegliere il premier, con quali regole e quali modalità si terranno, e poi si chiede di mettere ai voti il nostro ordine del giorno. Perché ci sono da scegliere i parlamentari, che saranno ancora mille, perché non c’è tempo per fare la riforma di cui parliamo da gennaio. Già.

Molto dipenderà dal dibattito, e dagli impegni concreti e precisi che si prenderanno, perché non è più tempo di scherzare. E il mio modello di dibattito non è il «gioco delle parti». Perché li e ci conosciamo troppo bene. E da troppo tempo. Tutti quanti.

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