Le campagne elettorali, quando finiscono, sia che si vinca, sia che si perda (e in questo caso soprattutto), lasciano strascichi emotivi difficili da interpretare. Così è, mi pare di poter dire, per il nostro segretario nazionale. Tra il politico e lo psichico, si va un po’ in crisi, ci si espone, si fanno bilanci (e quando si fanno i bilanci, sono sempre negativi, perché quando le cose vanno bene, i bilanci non sono poi così importanti). C’è anche qualcuno che non riesce a controllare le proprie pulsioni. E sono guai. Così è per tutti coloro che hanno deciso di cogliere l’occasione della sconfitta e della luna di miele berlusconiana per una resa dei conti. Per un continuo polemizzare, fronteggiarsi tra componenti, ribadire inutili personalismi. Francesco Bacone diceva che non solo nella geografia sono contemplati i deserti, ma anche nella storia. E in questo deserto post-elettorale varrebbe la pena di procedere con calma e con consapevolezza del proprio compito. Che non è certo quello di buttarla in rissa, di scaricare responsabilità, ovvero di ‘contarsi’, espressione volgare che ha qualche vicinanza etimologica con il concetto sopra richiamato di redde rationem. Ci vorrebbe Seneca, da leggere e da distribuire ai nostri dirigenti nazionali. Lettura utile. Anzi, indispensabile. Perché il deserto, prima o poi, finisce. E sarebbe il caso di sopravvivere. A se stessi, prima di tutto.

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