Alfonso Pinto ci accompagna (e nel “ci”, oltre a Fausto Perego, protagonista della vicenda che sto per raccontarvi, contiamo anche Alessia Mosca, responsabile nazionale del Pd per il Lavoro) nell’area dell’ex-Gilera di Arcore, dove tutti i lavoratori hanno continuato a lavorare dopo la chiusura dello stabilimento nel 1993. Anche allora Walter Veltroni ci mise lo zampino, in collaborazione con Giovannino Agnelli, per evitare che centinaia di lavoratori perdessero il posto. La Piaggio se ne andò, ma fu costituita una società che tenne viva l’area produttiva, coinvolse operatori di rilievo, tra cui due multinazionali (una tedesca e una americana), e consente ancora oggi a un migliaio di persone di lavorare in quello che era stato per decenni lo stabilimento delle moto più prestigioso della nostra zona (e non solo). «Rischiavano di venirci i condomini», dice Pinto, che sa che quasi dappertutto le cose sono andate così. Oggi, all’interno del complesso, ci spiega Eleonora Polini della Soges, figlia del protagonista assoluto di questo ‘recupero’ in extremis, che qui è per tutti l’indimenticabile “Ingegnere”, c’è produzione e ci sono servizi alle imprese. E c’è anche un bionido, in cui giocano più di trenta bambini, in uno spazio bellissimo, interamente realizzato secondo i dettami della bioarchitettura. Dove ora c’è il giardinetto per i giochi, spiega ancora Pinto, c’era il bidone del fuoco, per scaldarsi ai picchetti. Le cose cambiano. Non sempre in peggio. Un messaggio che viene da Arcore e che, per una volta, ci sentiamo di condividere…

  •  
  •  
  •  
  •  

Commenti

commenti