In Spagna Zapatero ha vinto, nonostante una consistente avanzata del Pp, grazie ad un recupero significativo sui voti  della sinista radicale di IU (Izquierda Unida) e di ERC (Esquerra Repubblicana de Catalunya), che escono dal voto con le proprie rappresentanze parlamentari più che dimezzate. Per la prima volta, anche il sistema politico spagnolo si è polarizzato decisamente rispetto ad una tradizione che vede le forze ‘terze’ contare molto di più. Ora, questo non può non farci riflettere: il Pd non sarà il Psoe (anche se, va detto, la politica economica di Zapatero non è molto diversa dalla Veltronomics, e così l’enfasi sulle politiche per la casa, la questione dei salari, il fondo per i non autosufficienti, per non parlare della politica estera…), ma vale la pena di tenere conto dello schema spagnolo. Per un voto che sia utile. E che sia anche dilettevole, perché è del tutto ovvio che se il Pd vincerà le elezioni sarà possibile avviare con la nostra IU un confronto sulle questioni sociali e sul lavoro, proprio come avviene e avverrà in Spagna. Là i riformisti – indubbiamente più tonici per quanto riguarda i diritti civili, ma molto vicini al Pd per quanto riguarda la cultura di governo – vincono, proprio in ragione di un programma rappresentativo del complesso della società e non solo di una sua parte. Non dimentichiamolo mai.

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