L’ordinanza è una danza, che si balla dal Nordest alla Brianza. Ogni sindaco ne ha una, a seconda dell’estro personale e di come si è svegliato la mattina. A Caravaggio non ci si può sposare, a Cittadella non si può abitare, a Tradate, da ultimo, non si può transitare portando con sé rifiuti che non siano lombardi. E’ una corsa a chi ha l’ordinanza più ‘notiziabile’, più curiosa, più controcorrente. Si passa così, dalla costituzione, dai diritti e dalle regole ad una sorta di folklore da strapaese, in cui ciascuno si norma da sé, pensando – come, no? – al bene della propria comunità, attribuendosi facoltà da nomoteta che non sono previste dall’attuale ordinamento (ma ci sarà sicuramente un sindaco pronto ad un’ordinanza che preveda una radicale modifica costituzionale, per il bene dei suoi concittadini, che dia finalmente ai sindaci poteri assoluti). Tutto questo è triste, e sbagliato, ma evidentemente preoccupa solo me e pochi altri. Quasi quasi mi candido a sindaco di un paesino, alle prossime amministrative: se sarò eletto, il primo atto sarà l’ordinanza delle ordinanze, la loro ‘madre’. L’ordinanza contro tutte le ordinanze. Così vinco io e chiudo la partita.

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