Leggendo le cronache lombarde viene in mente quello stato americano e quel film nel quale chi vi entra è pregato di portare le lancette dell’orologio indietro di un secolo. Marcello Saponaro, il comandante regionale dei Verdi, ci segnala la mozione con la quale, a Cologno al Serio, provincia di Bergamo, il Consiglio comunale vota l’incredibile (e inaccettabile) moratoria della moratoria della pena di morte. Come se non bastasse il fulgido esempio di Caravaggio o l’entusiasmo con cui sono stati accolti in terra lombarda l’ordinanza di Cittadella e il razzismo delle ‘sparate’ (il termine è volutamente ambiguo) del trevigiano. Nel frattempo, il governatore Formigoni, anche lui sempre più simile a un conservatore della Bible Belt, sente odor di modifica della 194 e ovviamente rilancia, secondo la strategia – da lui frequentatissima – del “più uno”. Fanno qualcosa? E io la faccio un po’ di più. Così ventila l’introduzione (via delibera regionale) di un limite per l’aborto terapeutico alla 21esima settimana, guarda caso proprio quando Ruini chiede di rivedere la legge 194, all’insegna di un’altra moratoria, che non abbiamo nemmeno bisogno di commentare (come Wittgenstein oggi suggerisce). Nel frattempo, nel capoluogo, che dovrebbe essere più illuminato della provincia profonda, ma in Lombardia non lo è, è ancora fresco il ricordo del contributo negato al Festival del cinema gay e la chiusura di una mostra troppo omosessuale per i gusti di Letizia Moratti. Forse i diritti civili e la libertà degli stili di vita di ciascuno devono tornare al centro del programma del centrosinistra, se si vuole significare ai lombardi – e anche a noi stessi – che non vogliamo vivere nel Mississippi. Come ‘democratico’, francamente, me l’aspetto.

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