Inutile girarci intorno. Se il 2006 era stato l’anno della rincorsa, il 2007 è stato l’anno delle sconfitte, per me, più cocenti e ravvicinate della mia breve storia personale e politica. Ho perso, personalmente e insieme ad altri, tutto quello che c’era da perdere. Elezioni, speranze, progetti, la mia fiducia nei confronti di molte persone con cui lavoravo da tempo (in alcuni casi, certo, anche la loro), affetti e forse anche un amore (impossibile). Anche una tessera del bancomat, tanto per dire. E’ successo tutto in fretta, e non sono più riuscito a riprendermi. Se c’era una cosa da sbagliare, la sbagliavo, cercando di recuperare il più in fretta possibile… troppo in fretta, come se il tempo si fosse messo a correre e io, affannato, ad inseguirlo. La mente corre alla prima sconfitta della mia vita. Non avevo nemmeno otto anni, e la Juventus più bella della mia infanzia si giocava la finale della Coppa dei Campioni ad Atene contro l’Amburgo. Dovevamo vincere, dopo una serie strepitosa di partite coraggiose e perfette, e invece prendemmo un gol inaspettato nei primissimi minuti di gioco. E per tutta la partita non ci fu verso e i minuti volavano e nessuno, nemmeno quello splendido calciatore che rispondeva al nome di Michel Platini (che ha contribuito come pochi altri alla mia formazione) riuscì a cambiare il corso delle cose. Perdemmo e non sembrava giusto a nessuno. Perché non è che avessimo meritato di perdere per una sassata da fuori area: non è da questi episodi che si giudica una squadra e una stagione. Ma perdemmo. Quest’anno è andata in modo del tutto simile. Ne sono uscito certamente ridimensionato, da questa annata che faticherò a dimenticare. Ma, vi dirò, non tutto il male viene per nuocere. Perdere non fa bene a nessuno, ma è un’esperienza forse salvifica per chi, come me, ha sempre avuto “troppo da perdere”, appunto. E l’espressione che mi viene, in chiusura d’anno, è che per la prima volta ho imparato a “lasciar perdere”, il modo migliore per elaborare e forse anche per correggere il senso delle sconfitte e, appunto, delle perdite. E mi sono ritrovato con un piccolo bagaglio di cose che nessuno mi potrà togliere mai, che non sono “a perdere”, per rimanere in tema, e che mi accompagneranno nel 2008. Rimane inteso che un anno così è meglio che finisca presto. E nell’ardente rogo della noche vieja avrò molto da bruciare, in una accurata e definitiva conflagrazione. Nella speranza che nel 2008 si apra un nuovo ciclo, non per quelle promesse da ultimo dell’anno (dimagrire, andare in palestra, trovare più tempo per se stessi et similia), ma, se mi è consentito il riferimento aulico, alla maniera degli stoici. E per dirla tutta, viene da aerostatizzare, come fa Socrate nella perfida parodia di Aristofane delle Nuvole. Aerobatein: andare per aria e, perché no, prendere il volo. Quello che auguro di cuore a tutti voi. Buon anno.

pippo

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