Da giorni, mi interrogo sul dato che oggi riporta il Corriere ma che in realtà era ben visibile ad occhio nudo assistendo al voto del 14 ottobre: i giovani erano pochi e gli scrutatori hanno spesso salutato con piacere i nati dopo il 1950. E’ un dato rilevante, che mi viene rilanciato anche da un commento al post precedente. Credo che si debbano fare due cose. La prima è quella di seguire il consiglio di Tito Boeri (Contro i giovani, Mondadori, un libro fondamentale): l’elettore medio ha 47 anni, e dobbiamo partire da quella generazione per dare più spazio alle successive. Dobbiamo sensibilizzare chi è già al sicuro e riparato, perché sappia guardare avanti e non solo indietro. In secondo luogo, non dobbiamo cercare curiose alchimie organizzative, ma imboccare la via di una politica che si svolga non nel chiuso di chissà quali segrete stanze, ma che, in grande stile, guardi ai temi della nostra società e sia rivolta al futuro, con l’ambizione di anticipare quello che verrà. Una dimensione, quella del futuro, negletta e disprezzata in un sistema politico che guarda solo all’oggi. Scorrete le pagine di un quotidiano: si parla di Mastella e De Magistris, di polemiche interne, di personalismi fatti partito e di questioni di nessun interesse per chi è estraneo alla politique politicienne. E’ un lavoro lungo e non facile, che ci deve portare in ogni momento a pensare se il nostro messaggio è rivolto anche (se non soprattutto) a chi ha meno di quarant’anni.

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