Vale la pena di leggere e portarsi immediatamente nel Pd Cittadinanze di Laura Zanfrini (Laterza). E’ un testo fondamentale per comprendere uno dei problemi a mio modo di vedere centrali della nostra società: il riconoscimento dei diritti dei lavoratori e contribuenti stranieri in Italia. Curiosamente, dopo l’apertura di Fini nei confronti del voto agli immigrati, e dopo anni di campagna dei Democratici di Sinistra per dare la possibilità a chi vive e lavora nel nostro Paese di avere una propria rappresentanza a livello politico e istituzionale, tutto si è fermato. Credo che dal riconoscimento di una forma di cittadinanza – Zanfrini descrive la possibile ‘dissociazione’ tra cittadinanza e nazionalità, un tema da indagare con interesse – passi la soluzione di molti conflitti che proprio dall’immigrazione derivano. Il “No taxation without representation” deve infatti valere per tutti coloro che risiedono in Italia, che lavorano, che pagano le tasse e sostengono il welfare, premiando finalmente i comportamenti virtuosi e distinguendo chi si dà da fare da chi ha cattive intenzioni. In un discorso che vale per gli stranieri, ma che ci consente di registrare «la rimessa in discussione della funzione redistributiva dei sistemi fiscali» e tanti altri «segnali dell’erosione della sensibilità nei confronti dei diritti che la cittadinanza garantisce», a cominciare da un welfare che, proprio perché ha avuto successo e si è realizzato, diviene ‘scontato’ e si avvia al proprio declino. In questo Zanfrini segue la lezione di Bauman per dimostrare che il tema della cittadinanza non riguarda soltanto gli stranieri (e chi ne è privo), ma anche coloro che stanno inconsapevolmente diventando, potremmo dire, meno cittadini di prima.

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