«Non si può parlare solo di sicurezza, infrastrutture, federalismo fiscale». Già.

Il ministro Pollastrini rilascia una lunga intervista a Repubblica, in cui spiega: «Non si può parlare solo di sicurezza, infrastrutture, federalismo fiscale. Sono temi sui quali tutti ci sentiamo impegnati, a Roma come a Milano. Ma non possono costituire l’orizzonte esclusivo del partito che stiamo costruendo. Ci vuole un progetto per il Paese a cui Milano deve dare un contributo decisivo, se ci si limita a lisciare il pelo agli umori della gente non si va da nessuna parte. La politica deve guidare i processi». Caspita, erano mesi che non leggevo sui giornali cose che avrei detto anch’io. Con un’unica precisazione: Pollastrini risponde a Penati, ma in realtà ‘attacca’ – senza rendersene conto – tutto il gruppo dirigente dell’Ulivo. Non è stato solo Penati ad assumere queste posizioni: le hanno assunte pressoché tutti, a partire dal Consiglio regionale, dove si è parlato «solo di sicurezza, infrastrutture, federalismo fiscale» in una chiave quasi sempre critica nei confronti del governo Prodi. Accorgersene ora, suona quantomeno sospetto. Come suona sospetto il silenzio dei grandi sostenitori delle alleanze variabili, della sicurezza-non-è-di-destra-né-di-sinistra, dei cionisti ante litteram, degli astensionisti verso Formigoni e dei critici verso Prodi e verso Roma, che hanno a lungo occupato le pagine dei giornali di questa mesta estate lombarda. Un intero gruppo dirigente – lo stesso che ha indicato Pollastrini quale ministro solo un anno fa – che si è appassionato «solo di sicurezza, infrastrutture, federalismo fiscale». E che si candida a guidare il Pd, Pollastrini nonostante.

  •  
  •  
  •  
  •  

Commenti

commenti