Giuliano Carenzi da Terranova dei Passerini, provincia di Lodi. Lo presento come una volta si presentavano i pugili, ma è semplicemente un pendolare. Anzi, è ‘il’ pendolare, il viaggiatore quotidiano che ha tenuto giorno dopo giorno un diario prezioso di cui oggi ha parlato Repubblica. Per me Carenzi da Terranova (dei Pendolari?) deve diventare presidente della Regione o quantomeno del Partito democratico della Lombardia. Perché il suo racconto, che lo rappresenta immediatamente come il Leopold Bloom della Bassa, è il racconto di decine di cittadini, che vivono una vita imposta dalla mattina presto fino alla sera tardi da Trenitalia e dai suoi ritardi, dai suoi disservizi e dalla sua logica talmente disordinata da non poter essere nemmeno totalitaria (ma forse, proprio per questo motivo, ancor più totalizzante). Ci dice Carenzi che la vita del pendolare è tutt’altro che banale: conosce la stazione di partenza e quella d’arrivo, che la sera si scambiano; conosce il tragitto come le sue tasche, fin nei minimi particolari; quello che non sa è quanto tempo ci metterà, ogni giorno, e che cosa può succedere in pochi chilometri di viaggio. La certezza, confortante, è che vi sarà quasi sempre un ritardo. Ma tutto il resto è aleatorio, in una curvatura di spazio e tempo che starebbe bene in un manuale di fisica contemporanea. Carenzi è un simbolo del cittadino vessato e riflessivo, che si chiede giustamente se è possibile andare avanti (e indietro) così e si ostina a denunciare, dopo tanti anni passati così, la difficoltà di vivere una Trenitalia-life. Ecco un bel tema da cui la Sinistra deve ripartire: perché il mezzo pubblico è così poco competitivo? Chiedetelo a Carenzi, lui saprebbe spiegarvi, con il racconto delle sue giornate e statistiche alla mano, ‘perché’.

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