L’altra sera, davanti a una birra, mentre fuori scoppiava la primavera, un amico mi raccontava della sua ultima liaison (dangereuse, comme d’habitude) con una ragazza impegnata, la quale più lo frequentava, più amava il suo partner storico-tradizionale. Alla fine, mi chiede: «Si può?». Rispondo: «”Si può” è troppo impegnativo, presuppone un surplus di riflessione. Diciamo che capita». Devi solo cambiare gestore, aggiungo poi. Ora hai il pacchetto You and him, sei una specie di agenzia matrimoniale involontaria (e mi è venuto in mente un altro abbonato al ‘servizio’, Alan Bennett, Scritto sul corpo, 2006: «con la giusta strategia di marketing, avrei potuto sfondare come imbonitore matrimoniale di donzelle recalcitranti»). Comunque, gli dico, rispolvera il vecchio Seneca – che dalle cose che ‘capitano’ aveva tratto riflessioni poderose – e buttati su Modus vivendi di Zygmunt Bauman, appena uscito per Laterza. E’ un libro (sul quale voglio ritornare per parlar di cose più serie) in cui Bauman riprende e articola nuovamente la sua celebre definizione di modernità liquida. Bauman parla della riduzione della storia politica e delle vite individuali a «una serie di progetti a breve termine e di episodi giustapposti, che sono infiniti in linea di principio […]. Una vita così frammentata stimola orientamenti ‘laterali’ anziché ‘verticali’». L’amico si rende conto di essere stato vittima di un fenomeno ‘laterale’. Cose che capitano con le ragazze (e i ragazzi) liquidi di questi tempi.

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