De Mauro ci informa che l’horror vacui può essere così definito: «con riferimento alla fisica aristotelica e leibniziana, concetto secondo cui in natura non esistono spazi vuoti». Da sempre, sono aristotelico e leibniziano, almeno per quanto riguarda la concezione del vuoto da un punto di vista esistenziale. Però ho imparato, con l’età e con la cosiddetta esperienza, che il vuoto è necessario. Che è importante la presa di distanza, la capacità di estraniarsi per un attimo dal flusso delle cose e della coscienza. Forse è per questo – sempre per la serie «Aprile, il più crudele dei mesi» – che ho molto apprezzato l’ultimo Battiato-Sgalambro. L’album s’intitola Il vuoto. Da non perdere il significativo Niente è come sembra (che nel messaggio ricorda il Nothing is real dei Beatles) e il Tiepido aprile che fa pensare ad una primavera dolorosamente autunnale. I giorni della monotonia, poi, sono fin troppo personali per essere anche ‘raccontabili’: mi basti dire che rappresentano con puntualità quello che mi è toccato vivere negli ultimi tempi. Era l’inizio della primavera, del resto, con quell’imperfetto che allontana irreversibilmente quell’inizio. Aspettando l’estate, è il caso di non pensarci più di tanto. Nel frattempo, il tempo passa. Con Battiato e Sgalambro. E un po’ di Tchaikovsky e di Tolstoi. Perché ne Il vuoto, si trovano anche loro.

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