Federico Geremicca, oggi, sulla Stampa, riflette sulla nuova proposta di legge elettorale che Pd e Pdl stanno discutendo.

Il punto di partenza assunto è sacrosanto: restituire ai cittadini il potere di scegliere i propri eletti in Parlamento. Già il fatto, però, che questo obiettivo sia considerato raggiungibile solo col ritorno ad una legge elettorale proporzionale (è su questo che si lavora) è cosa discutibile; che il passaggio successivo – poi – debba consistere nell’abbandono dell’assetto bipolare del sistema politico, lo è ancor di più; ma quel che appare davvero sorprendente, è l’approdo cui la nuova legge dovrebbe portare.

Infatti, messa in agenda per permettere agli elettori di selezionare i propri eletti, essa potrebbe finire per negare ai cittadini il potere di una decisione perfino più importante: la scelta dell’uomo chiamato a governare il Paese. Il condizionale è d’obbligo, considerato che il lavoro è solo iniziato: ma proprio la circostanza che si sia ancora nel pieno dell’opera, permette di porre un paio di questioni che sarebbe sbagliato sottovalutare.

La prima riguarda il fatto che la traccia su cui si sta lavorando costituisce oggettivamente un atto di prepotenza nei confronti del milione e più di cittadini che nei mesi scorsi ha firmato per un referendum che si proponeva addirittura un rafforzamento del profilo maggioritario dell’attuale legge elettorale: occorre convincersi che continuare a ignorare le indicazioni che vengono dal Paese (in materia di acqua, di finanziamento pubblico ai partiti, di legge elettorale…) non solo è insopportabile, ma rischia di ridurre ancor di più la già scarsa fiducia di cui godono i partiti. La seconda questione – invece – è tutta in una domanda ed è, se possibile, ancor più rilevante: ma davvero si pensa ad un ritorno al passato tale da riproporre un sistema noto e abbandonato, una legge elettorale – cioè – per la quale votavi La Malfa e ti ritrovavi a Palazzo Chigi Craxi, e se sceglievi il Psdi potevi esser certo che il governo l’avrebbe guidato un democristiano?

Sono molto d’accordo, ma mi permetto di precisare alcuni aspetti, aggiungendo all’analisi di Geremicca altre due cosette di una qualche importanza.

Come ricorda Pietro, infatti, se lo schema è quello del proporzionale senza preferenze, rimarrebbe il problema di come si scelgono gli esponenti da collocare in lista. E di fatto, l’aspetto più porcelloso (e procelloso) del Porcellum rimarrebbe in gran parte quello che già conosciamo.

Il secondo aspetto è altrettanto rilevante: la proposta si allontana ancor più del Magiarellum della scorsa estate (che conservava una prevalenza dell’uninominale) dalla linea che il Pd si era dato nel 2010, con un voto dei delegati dell’Assemblea nazionale, in cui si parlava dichiaratamente di un uninominale con eventuale leggera correzione proporzionale e, soprattutto, doppio turno.

Non so se questa proposta di legge elettorale avrà fortuna. Gli elementi sopra richiamati, però, andrebbero considerati con molta attenzione e cautela. Magari leggendo il fondo di Scalfari, su Repubblica, che dice così:

Si debbono dunque riformare i partiti anche attraverso l’istituzione delle primarie; si debbono adottare come base elettorale i collegi uninominali, si deve abolire il premio e sostituirlo con un’adeguata soglia di sbarramento per evitare soverchie frantumazioni e improprie alleanze pre-elettorali. Infine si deve impedire che i partiti restino quel che sono e cioè conventicole e consorterie di varia e non sempre esaltante natura.

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