… cresce anche ciò che salva. Lo scrisse Hölderlin, lo riprese Heidegger, lo adattò Piero Fassino alla situazione in cui ci si ritrovava, nel 2001, dopo la vittoria di Berlusconi, all’atto di lanciare la propria candidatura alla segreteria nazionale e alla ricostruzione dei Ds e del centrosinistra. La frase è ancora valida, ora, dopo il fallimento di Caserta, le indecisioni sul Partito democratico, l’impressione di “alto mare” che purtroppo permea di sé l’azione del governo (per altri versi, molto buona). E’ una frase che ci ricorda che è il caso di mettersi in gioco sul serio, di abbandonare i calcoli, di affrontare i problemi per quello che sono. Ed è una frase che può anche rovesciarsi, e ciò che salva, anziché sorgere, può naufragare nell’immane potenza del negativo e del pericolo. Sono da sempre favorevole all’orizzonte del Partito democratico, come grande occasione per la riforma della politica, per un nuovo rapporto con i cittadini, per la semplificazione di un panorama politico confuso e perfettamente incomprensibile. Osservo da tempo che i Ds crescono quando cresce l’Ulivo e quando l’Ulivo è capace di rappresentare il motore dell’intera coalizione, che abbiamo chiamato Unione nella speranza che lo fosse davvero. Vedo un patrimonio straordinario di persone e di competenze e di passioni a livello locale troppo spesso frustrate dalle alchimie e dalle sofisticherie dei livelli nazionali (ci mancava, a questo proposito, soltanto il voto segreto del nostro prossimo congresso: un’aberrazione). Mi sembra che stiamo giocando in penombra, come se fossimo in serie B, come se non volessimo assumere le nostre responsabilità: e, tra le nubi, non scorgessimo più l’importanza di un grande momento per il nostro Paese. Il discorso della politica ha qualcosa di quello amoroso: se si inaridisce, se sparisce la speranza, rimane la convenienza. E la convenienza può anche non bastare. Michele Serra ha ripreso nei giorni scorsi l’immagine dei convegni di astrofisici – da lui spesso frequentata – per descrivere il congresso prossimo venturo dei Democratici di Sinistra. Mi trovo perfettamente d’accordo: il Partito democratico ha senso se ci si crede e se diventa un grande progetto politico che parla della vita delle persone e delle loro speranze (sogni e bisogni, in un gioco di parole un po’ banale che spiega tante cose). Tutto il resto è noia. E non è strano pensare che sia più facile tornare indietro, cercando i motivi di divisione e di irriducibilità delle tradizioni: perché, banalmente, la strada da cui si proviene la si conosce e quella nuova non la si vuole neanche immaginare. E là dove c’è il pericolo, rimarrà solo quello. Hölderlin (e Fassino) nonostante.

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