Era già tutto previsto, fin dal giorno in cui questa vicenda è iniziata: Moratti si è incartata sul ticket anti-traffico. Il progetto iniziale presentato con grande enfasi dall’assessore Croci (un nome, un destino) è già stato archiviato e la maggioranza della Cdl – attraverso il contributo di alcuni suoi colossi del pensiero – l’ha stravolto. La proposta ora è ancora più confusa di prima, limitata negli obiettivi, parziale nell’affrontare il problema-traffico e incapace anche soltanto di indicare le soluzioni al problema-smog: una proposta, per di più, molto debole dal punto di vista economico come soltanto un ticket alla milanese (impanato) può essere, soprattutto se si pensa ai suoi omologhi europei. Uniche note positive l’aver tolto la regola dei confini cittadini (sulla base del modello di “un fiorino!” di Benigni e Troisi) e l’aver pensato che forse debbano pagare anche i milanesi, perché inquinano (tardiva e sconvolgente scoperta a cui gli amministratori della destra sono giunti soltanto qualche giorno fa). E’ triste registrare tutto questo, soprattutto se si pensa che è ora che si affermi una vera rivoluzione della mobilità nell’area milanese e lombarda: ci vuole un grande progetto, accidenti, non qualcuno che sistemi le sdraio sul Titanic che affonda! Più che un ticket, sembra una selezione all’ingresso, molto modaiola ma poco utile. E allora fa bene leggere il libro di Ivan Illich appena pubblicato da Bollati Boringhieri nella sua bella collana Incipit, dal titolo Elogio della bicicletta (il libro è, in realtà, del 1973, tanto per dire quanto tempo abbiamo perso). Illich fa saltare il binomio libertà-velocità, mette in discussione la società dell’auto, rilancia il tema di un rapporto più equilibrato tra la nostra vita e il tempo che dedichiamo al trasporto, inteso come tutto ciò che non ha propulsione umana. Illich ricorda che «l’uomo in bicicletta può andare tre o quattro volte più svelto del pedone, consumando però un quinto dell’energia: per portare un grammo del proprio peso per un chilometro di strada piana brucia soltanto 0,15 calorie». Quindi, «la bicicletta è il perfetto traduttore per accordare l’energia metabolica dell’uomo all’impedenza della locomozione». Le biciclette, poi, «costano poco», ingombrano ancor meno e «il ciclista può raggiungere nuove destinazioni di propria scelta senza che il suo strumento crei nuovi posti a lui preclusi». Milano è un case-study perfetto, la limpida rappresentazione di una vera e propria distopia: le tantissime macchine che ci portano ad andare tutti alla velocità del pedone; l’appello astratto alla nostra personale libertà di scelta, che in realtà preclude le possibilità che questa libertà si esprima; il più incredibile spreco del nostro tempo – tutto orientato alla nostra libertà (?!) – che ci priva della libertà di “fare altro”, che dovrebbe essere il motivo (e lo scopo) per cui ci muoviamo. Per parafrasare Oscar Wilde: «La vita è ciò che succede mentre noi siamo in auto». Per non parlare, poi, dell’inquinamento e degli incidenti. Questo è il problema e questo deve essere l’obiettivo delle scelte politiche. Tutto il resto si può accomodare in coda: quella non ci manca.

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