Chiusi i lavori del Consiglio regionale fino a settembre, vale la pena di fare un breve bilancio di quello che è successo negli ultimi mesi e di ciò che accadrà nei prossimi. Un Formigoni restituito alla Lombardia, dopo cinque mesi di finte alla Ronaldo (vado, no resto, anzi forse mi trasferisco, ma forse no), lancia una fase nuova, di dibattito e di confronto sul tema del federalismo. Del resto il presidente ha perso il referendum, subito dopo aver mancato il colpo grosso a Roma: sperava in un tracollo berlusconiano che non c’è stato ed è così dovuto tornare in Lombardia, per prendere la rincorsa e saltare con l’asta del cosiddetto modello lombardo (molto appannato, per la verità). In questi mesi e soprattutto negli ultimi giorni – a causa di un malfunzionamento dell’impianto di condizionamento – l’aria del Consiglio sembrava attraversata dal virus della regionella, morbo tipico dei consiglieri regionali, che li induce al tedio e all’inazione. Ora, almeno a parola, tutto sembra cambiare: da settembre, si riparte con un confronto ‘alto’ sull’autonomia e sull’interpretazione (e conseguente applicazione) degli articoli del Titolo V della Costituzione. Credo che il centrosinistra si debba dotare di una warroom che sappia affrontare l’argomento, come ormai sostengo da tempo, per proporre – d’accordo con il Governo Prodi – una soluzione per la Lombardia, per il Nord, ma più in generale per il sistema delle autonomie dell’intero Paese. Anche per evitare che Formigoni trasformi un tema istituzionale di grande significato in una banale questione di schieramento, per farsi un po’ di pubblicità. Dal momento che ha già iniziato a farlo, partecipando alla solita cena ad Arcore, e promette di ribadirlo al Meeting di Rimini, è il caso che ci si attrezzi, per distinguere quello che è federalismo da quello che è semplicemente retorica di parte.

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