Peppino Motta è morto oggi. Lo ricordo con un magone grande così, nella tristezza degli ultimi giorni (e l’ultimo, falso, “ci vediamo presto”), ma soprattutto nella gioia dei numerosi incontri di questi anni, come uno dei più cari amici e delle persone che mi hanno insegnato di più, in virtù di una intelligenza vivida e di un’amicizia per me tanto anagraficamente inconsueta quanto speciale. Per tutti, l’avvocato Motta, era una figura sorprendente e generosa che aveva la qualità, unica, di mettere in relazione le persone: gli amici suoi diventavano immediatamente amici anche tra loro, perché Peppino sapeva mettere tutti a proprio agio. Per i politici, un professionista nell’arte dell’indignarsi a fin di bene, non sempre compreso, soprattutto da coloro che Peppino, di volta in volta, prendeva di mira (forse perché, al suo arguto e disinteressato argomentare, era spesso difficile replicare). L’ho conosciuto solo cinque anni fa, e abbiamo fatto tante cose insieme, ma, attraverso i suoi racconti, mi piaceva immaginarlo anche giovane a Londra, nei suoi frequenti viaggi inglesi, oppure in bicicletta, sulle salite alpine, o promotore del club L’età dell’acquario nella Monza degli anni Settanta, che doveva essere un posto originale come il suo principale attivista. Mi dava sovente del desferlu, per me un grande complimento, perché Peppino ben sapeva che il desferlu, a Monza, era sempre stato lui. Non ha mai amato i riti e le celebrazioni e inorridirebbe leggendo queste righe, ma credo sia giusto rinviare al ‘suo’ Forum, luogo di tante discussioni e di un’iniziativa politica straordinaria, che ebbe un significato centrale soprattutto negli anni dell’opposizione e della vittoria del 2002, che ora ospita il ricordo appassionato dei tanti che gli hanno voluto bene. Per me, una piccola certezza: in questi anni, quando non potevo discuterne direttamente con lui, nel rilasciare questa dichiarazione o nel promuovere quella iniziativa, pensavo a cosa ne avrebbe pensato, detto e commentato Peppino. Continuerò a farlo, perché è bello pensare di avere ancora un amico importante e giusto come lui.

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