Leggo che il governo ha trovato la chiave per affrontare il problema (elettorale, par di capire) delle periferie. Siccome le periferie stanno peggio dei centri storici e dei quartieri residenziali e pare siano piene di persone in difficoltà, il governo – che non ha alcuna strategia in campo economico e sociale, in particolare sulla povertà, avendo sempre rifiutato le proposte (anche quelle di Boeri, per capirci, non solo delle opposizioni) – ha pensato a un bonus che potrebbe finanziare le ristrutturazioni dei condomini, da restituire in comode rate in bolletta (deve essere un’epidemia: perché con le pensioni hanno pensato a un analogo geniale meccanismo).

Ovviamente i giornali mettono la misura in prima pagina, come sempre, come se fosse cosa finanziata e approvata.

Quello che servirebbe, lo capisce anche un bambino, non è certo un continuo ricorso ai bonus – d’occasione – che assorbono centinaia di milioni e a volte miliardi di euro delle risorse pubbliche. E che intervengono “a caldo” con risposte raffazzonate a questioni molto profonde.

Bonus sganciati dalla progressività (come gli stessi 80 euro), bonus episodici, bonus che cercano di sostituire una politica complessiva che purtroppo non esiste. Bonus che fanno notizia, così per una settimana parliamo di periferie, che è di moda, poi non ne parliamo più, che è troppo complicato.

Nel paese in cui aumentano le disuguaglianze e in cui si perde la fiducia, ci vorrebbe un’applicazione rigorosa del principio costituzionale della progressività, il sostegno alla povertà fatto di una grande operazione che preveda l’accesso ai servizi essenziali (acqua e energia, prima di tutto) e un contributo economico (che però necessita di servizi e di ‘centri’ che li gestiscano che ora non esistono, vedi alla voce reddito minimo) e una nuova presenza delle istituzioni e del welfare, nonché della stessa politica. Che non dia bonus, ma asili, per fare l’esempio più classivo. Che arrivi prima, con il ragionamento e con l’impegno, non dopo avere scoperto che gli elettori sono scappati.

P.S.: come già per il sistema elettorale, che ora qualcuno vorrebbe cambiare perché ha paura che danneggi la propria parte politica, le cose non si cambiano (nemmeno la Costituzione, per intenderci) per ragioni opportunistiche o sulla base dell’emotività del momento. Ci vuole un progetto di governo – che infatti non esiste né è mai stato dichiarato -, una strategia economica complessiva, interventi strutturali, scelte impegnative, che abbiano obiettivi “a medio e lungo termine”, come si suol dire, che siano programmati e verificati.

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