E invece Veltroni ha fatto bene, ha trovato le parole giuste e dato un segnale importante a tutti quanti, anche rispetto alla ormai proverbiale «questione Africa» e a tutto il resto.

Il ricambio è questione profonda e va costruito, con pazienza e persistenza, proprio quella che dimostrano altri, nel voler rimanere a tutti i costi, come accade in queste ore in Lombardia a chi minaccia di candidarsi per il quinto mandato consecutivo.

E lo scollamento tra politica e cittadini si supera soltanto con lo scollamento di qualcuno dalla propria posizione di potere. Perché libertà e competenza, nella stesso posto, oltretutto, hanno un tempo. E, come ha ricordato ieri Veltroni, si può fare politica anche senza stare in Parlamento. E in questi anni, mi permetto di aggiungere, è successo che facessero politica moltissimi che in Parlamento non ci stavano, e che addirittura non facevano parte del sistema politico strettamente inteso.

Guardando Walter, ieri sera, ho pensato che quella è la misura giusta. Comprenderlo, sul piano politico, è fondamentale, per fare le cose serie.

Ora, pare che i derogabili si ritirino, un po’ per volta, come personalmente ho sempre chiesto, e non in tv o sui giornali, ma in direzione e in assemblea nazionale. Insistendo sul fatto che il limite dei mandati, ora più che mai, non era un fatto burocratico, ma una questione politica.

La domanda successiva, che darebbe senso al «tutti a casa» che risuona da più parti, è però: al posto loro, chi ci mettiamo? Con quali modalità si costruisce questo ricambio? Con quali metodi di selezione e quale cultura politica?

Questa è la domanda a cui mi piacerebbe rispondessimo tutti quanti, perché è ancora più importante della prima.

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