Articolo pubblicato su Ossigeno, la rivista di People.

Non so dove ho letto questa battuta e mi scuso fin d’ora con la sua autrice o con il suo autore. È uno scherzo ma contiene mille verità. Perché la scelta della parte del torto, che tradizionalmente si ascrive alla sinistra, aveva, un tempo, un contenuto dolce che è andato perdendosi.

Allora non si trattava soltanto di credere di essere nel giusto – con la necessaria autoironia – ma di stare dalla parte di chi avrebbe potuto stare meglio. E noi con lui. Si trattava di qualcosa che avrebbe portato più di un beneficio. Di una meta e insieme di un riscatto dalle condizioni meno fortunate da cui si partiva.

Sicuri che della torta, di quella torta, sia rimasto qualcosa? A me pare sia svanito pure il profumo. Altri quella torta hanno continuato a mangiarla, senza nessuno che avesse qualcosa da dire. Se poi si trova, per caso, un nuovo pasticcere, non gli si dà alcuna fiducia.

La sinistra del realismo e del rappresentare tutti allo stesso modo – che nega di per sé la possibilità di un conflitto – si è imposta, spesso trovandosi d’accordo con la destra a cui si sarebbe dovuto opporre. E il gioco sulla parola torto è stato preso così seriamente che si è pensato di avere sbagliato tutto, per aderire alla morale corrente, al mainstream, a quei “dati di fatto” che si chiamano così perché pretendono di essere lontani dalle ideologie e invece sono essi stessi ideologia. L’ideologia, la più limpida.

Abbiamo perso di vista la torta, insomma, e anche il torto. Perché le uniche forze che dicono di opporsi al sistema e si manifestano in questi termini sono a destra. Quella estrema, quella del complottismo e quella del ribellismo populista che sa benissimo indicare i colpevoli ma non ha alcuna cultura né alcuna strategia per mettere a posto le cose.

La questione della torta tornerà a imporsi, chi troverà la ricetta forse potrà fare qualcosa. A tutti gli altri è consigliato astenersi e trovare altra occupazione. Sia detto con dolcezza.

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