Il capitolo per me più importante del piccolo libro appena pubblicato (L’ignoranza non ha mai aiutato nessuno) inizia con questo verso di Samuele Bersani, tratto da Harakiri e dal suo ultimo album Cinema Samuele (2020).

Forse avrei fatto meglio a prendere la rincorsa con il verso precedente, anzi due: «Poi dopo una serie di giorni infelici, venne fuori vestito di bianco. Sembrava [appunto] una lucciola in mezzo a un blackout».

Ecco, dopo tutto quello che ci è accaduto, personalmente, collettivamente e quindi politicamente, bisogna immaginarla così. Letteralmente. Immaginarla. Che ci voglia cioè immaginazione per uscire da un sentiero che ci porta a un finale già scritto, seguendo il consiglio di quel verso di Jiménez che introduce i lettori a Fahrenheit 451: se vi danno un foglio a righe, scrivete dall’altro lato.

Usciamo dagli schemi, rompiamoli, proviamo a superare i confini che ci siamo imposti, alle trappole in cui siamo finiti come fagiani (non me ne voglia l’Estetista Cinica), al cliché per cui tutto deve andare come va, senza cambiare nulla. Tutto prestabilito, senza armonia, con le disuguaglianze che esplodono contestualmente all’esplodere dei ghiacci non più eterni e di un caldo mai provato prima. Clima, progressività, patrimoniale, e ricerca, e scuola, e diritti per tutte e tutti. Distinguendo, certo, ma senza distinzione. Perché siamo umani, di più: terrestri.

A questo serve la cultura: a ripensarci, a non piombare nel provincialismo dello spazio e a quello del tempo, come insegna Eliot. Andare in fondo al passato per cambiare il futuro, almeno un po’. Che non sia “già scritto”. Perché tocca a noi scriverlo. Nessuno ce lo impone. Vorrebbe farlo, ma possiamo colpire con un tiro mancino, inaspettato e sorprendente. E cambiare il corso delle cose. Che altrimenti finiscono male, peraltro. E tutti sembrano saperlo. Ma si fanno prendere dal panico e dall’avidità, dal “mi metto in proprio”, dal “me ne frego” narcisistico e al massimo familistico.

Così non si va da nessuna parte. L’immaginazione è necessaria. Mai come ora.

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