Sto leggendo il bel libro di Carlo Greppi L’antifascismo non serve più a niente e in quelle pagine notevoli ricorre spesso il concetto di vigilanza e sorveglianza speciale, all’insegna di una concezione della giustizia orientata in senso ideologico, totalmente lesiva dei diritti delle persone e della loro libertà.

Come si possa avere nostalgia di quel regime e di quell’idea stessa, lo sa il cielo.

Il punto però è che più di un retaggio di quella idea dello Stato e del potere è rimasta nella nostra società. E non parlo solo di chi rivendica la stagione della dittatura, delle leggi razziste (come le definisce Liliana Segre), dell’andazzo illiberale, della negazione della libertà di stampa e di libere elezioni, della violenza politica, dell’azzeramento – anche fisico – di chi la pensa diversamente.

Parlo di frammenti, schegge, riflessi che sono rimasti ancora – incredibilmente – nella nostra vita civile e soprattutto nei rapporti tra lo Stato – che nel frattempo è diventato Repubblica – e le persone – che nel frattempo sono diventate libere.

La sorveglianza speciale è una di queste schegge, adottata e adattata negli anni del terrorismo, rimasta nel nostro ordinamento. Una formula parallela alla giustizia ordinaria, una forma di giustizia speciale (aggettivo che in questo caso deve fare specie).

Eddi Marcucci si unisce alle donne del Rojava per combattere l’Isis e difendere la libertà assicurata da un modello avveniristico – probabilmente troppo avveniristico per le nostre democrazia sempre meno consapevoli e orgogliose.

Torna a casa ed è ritenuta soggetto pericoloso (speciale!), perché sa usare le armi – come se peraltro non ci fosse stata in questi anni una corsa alle armi nelle villette e nei capannoni, non a Kobane o chissà dove – e, motivo ricordato nel corso delle udienze di Torino, è contraria al sistema capitalistico e in particolare – sembra di capire – alla Tav.

“Quindi” a lei tocca qualcosa di molto simile agli arresti domiciliari, altro che coprifuoco da zona rossa: per lei la zona rossa è il suo domicilio.

E mi torna in mente il libro da cui sono partito.

Come se non bastasse, all’improvviso le oscurano i profili social. Non si sa perché, né chi lo abbia deciso.

A proposito di libertà di espressione, a lei negata, perché NoTav, anticapitalista e membro delle brigate internazionali a fianco del popolo curdo.

Un deputato del Pd che ha seguito la vicenda, Filippo Sensi, ieri celebrava la riapertura di queste pagine. E faceva bene e fa benissimo a continuare ad occuparsene, con un piccolo gruppo di colleghi, pochi, che hanno a cuore la gigantesca questione della libertà delle persone. Ma la domanda resta: chi ha deciso di spegnere e di riaccendere?

Dal momento che non è stato compiuto alcun reato, perché le porte di casa di Eddi Marcucci si chiudono a una certa ora del giorno? Perché è al confino domestico e al bavaglio – categoria spesso impropriamente evocata – della comunicazione pubblica?

Tutte domande che è necessario porsi, tutte risposte che è necessario dare.

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