È curioso perché l’etimologia di praescribĕre rimanda a «scrivere avanti o prima». Ma di chi ci ha prescritto qualcosa, in termini ambientali, climatici e quindi esistenziali, non ci siamo curati. Anzi.

Eppure di “segnali di prescrizione”, di quei cartelli di pericolo, ne abbiamo incrociati molti. Ma, niente, non ce ne siamo curati.

E pare che a nessuno interessi più nemmeno parlarne. E, se ne parla, è per non agire. Che palle con ‘sto clima! Già. E poi abbiamo altro da fare, il governo traballa, non c’è il bis senza il ter e via di crisette di governo. E di nervi, anche.

A proposito di clima, al massimo c’è un clima da “fine del mondo” nel governo, solo che la fine del mondo è reale, non metaforica. È l’epoca del clash, scrive Christian Salmon (Fake, Laterza), qui da noi è nella versione wrestling.

E viene in mente la famosa battuta di Ellekappa, a proposito di un tormentato congresso della sinistra di anni fa, in cui i toni si facevano sempre più tesi: scorrerà del ketchup.

Sarebbe invece necessario parlare e agire a proposito della fine del mondo, quella reale, che dovrebbe invitare chi può a fare la propria parte per salvare anche chi non può, oltre a se stesso.

Devono farlo i paesi più forti e nei paesi più forti le categorie sociali più forti. Abbiamo pochi anni e un’ultima spiaggia, prima che sia erosa anche quella. Politici, banchieri, industriali, imprenditori, persone che godono di rendite e di disponibilità notevoli devono essere i primi a intervenire. Altrimenti anche il loro benessere, che forse ritengono intoccabile, sarà compromesso.

Per il resto, oltre a Bonafede, c’è la malafede. Di chi nega il problema, di chi lo derubrica, di chi non sa che cosa fare e di chi, soprattutto, non vuole mettere in discussione il “modello”, gli “equilibri” e, insomma, i rapporti di forza.

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