Passiamo da Terranuova Bracciolini: prende il nome da Poggio, che fece il giro dei monasteri, per liberare i manoscritti e aprire il dialogo, senza Tempo, con gli antichi. Un filo infinito, direbbe Rumiz, e con lui Catone attaccherebbe, parlandoci dei passi, ben più umani delle vette, ben più sociali. Ne parleremo ancora, di Bracciolini, perché c’è una cosa che vi vorrei raccontare. Che non va perduta.

Andiamo piano, il viaggio è ancora lungo e la batteria non sappiamo se reggerà. È greve la situazione in Chianti.

Cortona on the move sembra fatta apposta come excursus dell’Antiorario Tour. Gli organizzatori non avrebbero potuto immaginarlo, ma noi li ringraziamo di cuore.

Simon Norfolk, Gideon Mendel, Paolo Verzone: cercateli qui, sui loro profili, se non riuscite ad andare a Cortona. Ci sono ghiacciai e le linee del fronte che si ritrae disegnate con il fuoco, paesaggi eterni che mutano, persone allagate fino alla cintola (come Farinata), tecnici dell’Artico, palloni aerostatici al Polo Nord (e vengono in mente Amundsen è Nobile).

Arte, fotografia, letteratura parlano di clima. Ora resta solo che se ne occupi la politica, perché è già troppo tardi. Il Tempo cambia ma voi no, dice Marco Tiberi. Il “loro” cambiamento è solo apparente o regressivo.

E in generale si parla di globalizzazione da un secolo ma se ne coglie solo parzialmente – in una parte piccolissima – il suo significato ambientale. Come se non fosse la cosa più importante. Invece.

“Civati vai a lavorare!!1!1!!!1”, la foto di Catone è implacabile, come le temperature prossime alla fusione del nocciolo che si raggiungono nello spiazzo della colonnina di Camucia.

Dalla grandiosità del Teatro di Firenze siamo arrivati un po’ trafelati alla piccola libreria di Perugia, dove ci attendevano con impazienza, per via del ritardo-ricarica. Si chiama Mannaggia, la libreria, forse in onore dei problemi che abbiamo avuto per raggiungerla: se siete di Perugia, frequentatela. Mai vista tanta passione. E cura. E scelta oculata dei libri.

Ora verso Roma, serenamente e pacatamente. È venerdì, non poteva che finire così, nel giorno del clima, il nostro viaggio.

Domani il racconto dell’ultima tappa, poi avrò ancora due o tre cose da dirvi.

Non finisce qui, insomma, a dispetto del titolo del romanzo di cui parliamo ogni sera.

È tempo di bilanci.

Un furgoncino libreria, un catalogo viaggiante, una storia che si racconta da sé. Un’esperienza che nessuno, credo, abbia mai fatto. E la ragione è del tutto evidente.

Bilanci di cui è bello parlare dal Serapeo della Villa di Adriano a Tivoli. Il furgone è parcheggiato in piazza Yourcenar. Noi non ci muoveremo più da qui, almeno psicologicamente.

Una targa dice così: “Non tutti i nostri libri periranno. Si restaureranno le nostre statue infrante”. Memorie di Adriano. E di tutti noi.

Giorni: quattordici.
Chilometri: mille e cinquecento e rotti.
Ricariche: quindici (molte altre solo tentate, come stamattina, a Tivoli, con un signore che faceva ricaricamping, dormendo sulla sua auto elettrica).

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