Nel ventesimo secolo gli esseri umani hanno fatto un favore ai pinguini sterminando quasi completamente molte delle balene e delle foche con cui erano in competizione per il cibo. In tempi recenti la Georgia del Sud è diventata ancora più ospitale per la crescente popolazione di pinguini, perché il rapido ritiro dei ghiacciai sta liberando zone adatte alla nidificazione. Se il cambiamento climatico continuerà ad acidificare gli oceani, a un certo punto gli invertebrati marini non riusciranno più a fabbricarsi il guscio; il krill, un agglomerato di questi invertebrati, è un alimento essenziale per molte specie di pinguini. Il cambiamento climatico sta anche rapidamente riducendo i ghiacci che circondano la Penisola Antartica; questi ghiacci forniscono una piattaforma per le alghe di cui il krill si nutre in inverno, e hanno finora protetto questi piccoli organismi dallo sfruttamento commerciale su larga scala. Navi officina grandi come superpetroliere potrebbero presto arrivare dalla Cina, dalla Norvegia e dalla Corea del Sud per risucchiare il cibo da cui dipendono non solo i pinguini, ma anche molte balene e foche.

Il krill è formato da crostacei delle dimensioni e del colore di un mignolo. È difficile stimarne la quantità totale in Antartide, ma una cifra spesso citata, cinquecento milioni di tonnellate, lo renderebbe il più grande ricettacolo di biomassa animale del mondo. Purtroppo per i pinguini, molti paesi considerano il krill un buon alimento, per gli essere umani (sembra che al sapore ci si possa abituare) e soprattutto per i pesci di allevamento e il bestiame. Attualmente il pescato totale annuo del krill non raggiunge il mezzo milione di tonnellate, con la Norvegia al primo posto tra i paesi pescatori. La Cina, tuttavia, ha annunciato di voler arrivare a pescarne due milioni di tonnellate all’anno, e ha cominciato a costruire navi adatte allo scopo. Come ha spiegato il responsabile del Gruppo per lo sviluppo agricolo cinese, «il krill fornisce proteine di ottima qualità che possono essere trasformate in cibo e medicinali. L’Antartide è piena di gestori per tutta l’umanità, e la Cina deve andare a prendersi la sua parte». […]
Così il futuro del krill, insieme a quello di molte specie di pinguini, dipende da una serie di incertezze dipendenti da altre incertezze: la quantità di krill effettivamente in circolazione, la sua capacità di adeguarsi al cambiamento climatico, la praticabilità di una pesca che non riduca alla fame altre specie, la possibilità di regolamentare tale pesca, e la sopravvivenza della cooperazione internazionale sull’Antartide a nuovi conflitti geopolitici. Non c’è invece alcuna incertezza sul fatto che le temperature globali, la popolazione globale e la domanda globale di proteine animali stiano tutte aumentando molto in fretta.
Jonathan Franzen, La fine della fine della terra, Einaudi, Torino 2019, pp. 197-198.
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