Non dimenticheremo l’assassinio di Jan Kuciak, giovane giornalista d’inchiesta slovacco assassinato giovedì scorso vicino a Bratislava assieme alla sua fidanzata Martina Kusnirova.

Non lo dimenticheremo, come non dimentichiamo la sua collega Daphne Caruana Galizia, a cui la stessa sorte è toccata qualche mese fa a Malta, quando la sua auto è esplosa, come Falcone e la sua scorta a Capaci.

E non dimentichiamo che il filo rosso che lega Daphne a Jan, Malta a Bratislava, parte da Panama, e da quei Panama Papers che hanno alzato parte della cortina fumogena su una delle grandi, enormi questioni planetarie del nostro tempo: l’elusione fiscale internazionale.

Uno scandalo, quello degli oltre 13 milioni di documenti su investimenti offshore e operazioni finanziarie nei paradisi fiscali, che coinvolgono direttamente (pare), grandi personalità del mondo della finanza, dello spettacolo, della politica. E che coinvolgono le mafie di tutto il mondo, non ultima quella italiana, e il loro coinvolgimento con i più oscuri affari di molti, troppi paesi di tutto il globo.

Proprio quello su cui stavano indagando Daphne Caruana Galizia e Jan Kuciak, in una denuncia che li ha esposti e messi in pericolo.

Proprio quello che dovrebbe al centro del dibattito politico di un’Italia che si trova a pochissimi giorni dal voto, e che invece è quasi totalmente assente: è incredibile doverlo sottolineare ma parliamo di uno scandalo di proporzioni globali che dimostra azioni illecite con effetti devastanti sui bilanci statali di mezzo mondo.

Effetti che ricadono interamente sulle spalle dei più deboli, e ormai da diverso tempo anche su quelle dei cosiddetti ceti medi, sotto forma di tagli al welfare e ai servizi per tutte e tutti.

E quel “parliamo” si riferisce, purtroppo, solo a Liberi e Uguali, l’unica forza politica che ha cercato di portare nel dibattito pubblico questo tema, del tutto inascoltata.

In un momento in cui si parla quotidianamente e istericamente di sicurezza, di soldi tolti agli italiani, di neo-isolazionismo, si sceglie consapevolmente di ignorare (dalla destra di ogni tipo, dal centrismo di rito boniniano o renziano, dal trasversalismo dei 5 stelle) l’elefante nella stanza: una gigantesca operazione globale che sottrae, quella sì, enormi somme di denaro agli italiani come ai cittadini di mezzo mondo, che ne mina la sicurezza sociale; che ne mina la sicurezza fisica, se per caso si tratta giornalisti di inchiesta, o persone scomode per il crimine organizzato; che coinvolge una fitta rete di relazioni internazionali e di vuoti legislativi anch’essi internazionali, e che certo non può essere sgominata, ammesso che lo si voglia fare, ciascuno dal proprio fortino nazionale e nazionalista.

Il proiettile che ha colpito Jan Kuciak ha centinaia di mandanti che vengono da tutto il mondo. Solo la riscoperta di una dimensione perlomeno europea, ma più propriamente planetaria, della nostra politica e del nostro pensiero, potrà assicurare questi mandanti alla giustizia, e potrà arginare i crimini di cui si macchiano quotidianamente, crimini che danneggiano ciascuno di noi.

La politica deve tornare a guardare orizzonti più ampi della singola polemica da social network o da dibattito televisivo.

E la sinistra, per ritrovare se stessa, deve ritrovare la sua vocazione internazionale.

Le disuguaglianze, le ingiustizie che affliggono i molti a vantaggio di pochi, si combattono con i piedi ben piantati nella propria realtà nazionale, ma troveranno la loro soluzione solo su un piano prima continentale e poi globale.

Per questo non dimenticheremo il sacrificio di Jan Kuciak e Daphne Caruana Galizia, e non smetteremo di lottare per dare giorni migliori ai molti di tutto il pianeta e quindi anche al nostro piccolo pezzo di mondo, attraversato da una politica troppo spesso volgare e ottusa. Appassionata del dito e totalmente dimentica della luna.

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