Le aveva perse con il referendum del 4 dicembre e le ha perse soprattutto dopo, avendo frainteso quel risultato, autoattribuendosi il 40% dei sì come se fosse il 40% dei seggi.

Non ha cambiato nulla, da allora, se non i modi gentili di Gentiloni che non hanno mutato di una virgola né l’esecutivo né le sue politiche.

Per rendere tutto più drammatico e perdente ha presentato la stessa squadra anche alle elezioni, da Minniti – forte con i deboli, silenzioso contro i fascisti – a Lorenzin, dal pacchetto alfaniano alle liste civetta per alzare qualche voto in più.

Come se non bastasse, ha individuato l’unico sistema elettorale che premia le coalizioni, che la maggioranza non ha, avendo predicato il solipsismo dell’uomo solo al comando per quattro anni, favorendo la destra. La legge elettorale del Cipolla, come dicemmo in aula, derisi da tutti gli strateghi che ora si appellano al voto utile (utile agli altri). Un sistema inventato per indebolire i 5stelle, che infatti sono al loro massimo storico, e per evitare che a sinistra nascesse qualcosa, con il trucco del maggioritario legato al proporzionale, che rende meno libero il voto. Chi è causa del suo male, pianga il Rosatellum.

Da ultimo, ha passato gli ultimi mesi a teorizzare il «meno peggio» che è una strategia ridicola per chi partiva dal 40% e si ritrova la metà dei voti, una strategia perdente perché contiene in sé un messaggio di debolezza e di sconfitta. Invece di cercare un’intesa a sinistra, ha continuato a insultarne gli esponenti, insopportabili perché avevano previsto tutto questo, gufi inascoltati. Ha negato la discussione sull’articolo 18, la possibilità di introdurre minimi miglioramenti alla legge elettorale, proseguito con le politiche economiche dell’esecutivo precedente (che, lo ricordo, era identico all’attuale).

La maggioranza attuale pretende, non chiede, che si voti per le sue politiche e le sue scelte, ormai senza alcuna convinzione.

In tutto questo, cadono le ragioni di utilità e di plausibilità e mi permetto di insistere: siate liberi, votate per chi vi rappresenta e mobilitatevi perché in Parlamento ci sia qualcosa che vi assomigli. I calcoli non portano da nessuna parte, come si è dimostrato già in tutte le tornate elettorali degli ultimi anni. Dove era già tutto scritto e previsto: ma invece della riflessione ha prevalso, ancora una volta, l’arroganza.

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