Nella campagna elettorale più meschina e provinciale che ci sia, sono candidato a Nord, ma è del vero Grande Nord che ci dovremmo tutti occupare.

Lo scrive Marzio Mian in un libro prezioso, soprattutto perché scritto molto bene, che ci racconta dove sta andando a finire l’Artico (si chiama così, Artico. La battaglia per il Grande Nord, il libro, lo pubblica Neri Pozza).

Il collegio di cui dovremmo tutti preoccuparci, per Mian, è il collegio Groenlandia, che da plurinominale rischia di diventare uninominale, perché ci giochiamo – solo? – la sopravvivenza della specie umana (e anche delle altre, per colpa nostra).

Un territorio sconfinato di ghiaccio che si riduce e che diventa oggetto di una corsa, come quella del Klondike, verso l’uranio e le terre rare, soprattutto, perché la Groenlandia rappresenta «un Congo boreale», «un nuovo Eldorado», dove si trovano la maggior parte delle riserve fossili del pianeta.

Un ghiaccio che è legato alla sabbia del deserto, perché al ridursi del primo, è la seconda a estendersi dappertutto. Rompendo anche i circoli climatici virtuosi che riguardano il mondo che noi chiamiamo occidentale:

Ora il meccanismo si sta inceppando e provoca siccità e desertificazione nel Sahel, dalla Mauritania al Sudan. In prospettiva questo significa milioni di profughi climatici e immigrazione.

Ditelo a quelli delle felpe e dei paraocchi, che amano Trump e negano i cambiamenti climatici.

Le conseguenze sono globali e inaspettate:

La corrente del Golfo si sta indebolendo in molti rami. Si potrebbe arrivare a un suo totale esaurimento? Una delle prime conseguenze sarebbe la fine del clima continentale in Europa. Lo scenario peggiore, da day after tomorrow, che gli scienziati seri evitano di nominare, è quello che senza l’energia della madre di tutte le correnti (che si sviluppa anche attraverso i venti anticiclonici) il Beaufort Gyre, Il pistone della macchina oceanica e climatica globale, cessi di pompare. Sarebbe l’omega della civiltà.

L’Artico è tornato al centro della geopolitica mondiale, tra fondi norvegesi, Putin e i ‘soliti’ cinesi, per finire con la profezia di una scandinavizzazione del mondo.

Comunque andrà a finire (e speriamo che non finisca), Mian riporta il consiglio di Claudio Berti, un ricercatore che incontra a Narsaq:

Una volta si diceva di chiedere consiglio ai vecchi che ne hanno viste tante e sono saggi. Ebbene la Groenlandia, con i suoi capelli bianchi di ghiaccio e le sue rughe di rocce deformate da scontri titanici nelle profondità del tempo, ha molto da insegnarci e andrebbe ascoltata.

Quando pensate alle priorità, vi serve una bussola, che indichi il Nord e la direzione che la nostra civiltà dovrebbe prendere, prima di schiantarsi contro un iceberg e dissolversi con lui.

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