Non è solo questione di prendere parola, ma anche di saper ascoltare. Anzi, meglio, di andare in cerca, ha ragione Luigi, che mi scrive preoccupato. Di tutto ciò che si muove, nel campo dell’innovazione, quella sociale, prima di tutto.

Verso ciò che è istituzionale, perché è nostro dovere prendere in grande considerazione la dura denuncia dei precari Ispra, che non parlano solo del loro posto di lavoro, che giustamente pretendono sia stabilizzato dopo anni di servizio e di lavoro, appunto, ma parlano del futuro del paese.

Parlano delle garanzie che siano le competenze scientifiche (super partes) a vigilare sull’ambiente, che costituiscono un fastidio per tutti coloro che non vogliono essere disturbati: privare di risorse l’istituto nel quale lavorano e rendere precaria la loro situazione (e quindi la loro funzione terza e indipendente), li rende meno liberi e toglie loro la possibilità di vigilare, controllare, tutelare.

Parlano delle prospettive del nostro sistema della ricerca, perché questo atteggiamento spinge verso l’estero i ricercatori di cui l’Italia non sa che farsene. Sprecando risorse e investimenti fatti in passato.

«Alla ricerca della ricerca» significa individuare i progetti già in campo, che spesso sono in campo nonostante le istituzioni, significa frequentare le reti di ricercatori e di creativi che sono già all’opera, soprattutto nelle aree ‘interne’ del Paese, soprattutto dove non batte il sole del finanziamento pubblico.

Significa immergersi in un mondo che spesso si colloca tra Stato e mercato, nelle pieghe di un sistema che ha lasciato molte falle che alcuni stanno cercando di coprire, rilanciando luoghi e forme di associazione e di cooperazione che non sono riconosciute, ma che sono capaci di fare economia e valore.

Se si vuole cambiare, si indaghino insomma le soluzioni trovate da chi sta cambiando già, senza che nessuno se ne sia davvero accorto. O di chi presidia funzioni essenziali, senza il riconoscimento della stabilità del proprio posto di lavoro, del proprio stipendio e, cosa ancora più grave, della propria funzione.

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