Dopo aver celebrato la ripres(in)a come se fosse merito dell’Italia, che da sola – tipo quel barone – si era tirata fuori dai guai, oggi tutti i giornali spiegano che la difficoltà economica che colpisce il nostro Paese non è determinata dalle politiche italiane, ma dagli ottusi burocrati di Bruxelles, dai mercati, dal petrolio (che prima invece non esistevano).

Per sottrarsi al solito dibattito iper provinciale a cui il circuito renziano ha dato un contributo definitivo (e pensare che volevamo uscire dal berlusconismo), consiglio di riflettere su un film che tutti possono vedere, sulla campagna di Sanders negli Usa e sulla necessità di un dibattito radicalissimo da fare, proprio perché si limita a banali constatazioni.

Non il riferimento nostalgico e rituale a chissà cosa, ma un’analisi compiuta e documentata dei fatti. Che si svolgano ad Arezzo o a Wall Street, senza fare troppe semplificazioni, ma nemmeno senza celare l’ovvio.

Le alternative esistono, bisogna solo scegliere da che parte stare. Senza fare i fenomeni, ma valutando ciò che accade. La bad bank per esempio non è un regalo per qualcuno, semplicemente così serve a poco: arriva tardi e non sarà decisiva. Non avere vigilato è colpa delle istituzioni preposte. Avere nascosto i dati veri, responsabilità dei poteri e della classe dirigente. Non avere individuato soluzioni un problema italiano che precede e supera tutta la discussione sul bail in (che peraltro l’Italia ha accettato).

C’è qualcosa (molto) che non va. Capisco che sia poco conciliabile con la retorica del “ce la facciamo comunque”, ma è così. E forse, per dirla con lo slang del governo, se ne devono fare una ragione. Soprattutto quelli che al governo ci stanno.

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