Ieri ho votato a favore della legge sul contrasto alla corruzione, presentata quasi 800 giorni fa dall’attuale Presidente del Senato. Una legge che è stata ridimensionata rispetto alla sua portata iniziale, che contiene cose buone, come spiegavo ieri (tra l’altro un articolo riprende in pieno una mia proposta di legge, grazie al lavoro dei colleghi al Senato che la condividevano), altre che potevano essere fatte molto meglio e altre ancora che mancano letteralmente.

Ho votato sì agli emendamenti sul voto di scambio e sulle pene da aumentare, proposti da M5s e Al.

Ho votato per il raddoppio del ‘maltolto’ nei casi di corruzione.

Ho votato sì alla proposta integrativa sulla corruzione tra privati.

Ho votato insieme a Sel e le altre opposizioni per irrobustire un falso in bilancio la cui formulazione contiene non pochi elementi che possono rendere difficile l’applicazione e quindi la rendono ancora fragile.

Per tutto il resto, c’è molto, quasi tutto ancora da fare sulla prevenzione: gli agenti sotto copertura, ad esempio, la questione della collaborazione e delle denunce e il whistleblowing e la trasparenza e in generale le misure preventive.

Sulle prescrizione si deve tornare, perché l’aumento delle pene è una misura davvero ‘primitiva’ per risolvere il problema. E «daspo per i corrotti!» è rimasto uno slogan tra i tanti ‘bruciati’ in questi mesi.

Attendiamo con impazienza che si affronti la questione del conflitto di interessi su cui da tempo abbiamo presentato una proposta giunta in aula grazie alla richiesta delle opposizioni, una proposta che il governo ha rinivato per ben due volte.

Ritengo tra l’altro che sia ancora necessario riformare la legislazione sugli appalti per proteggere la concorrenza e quindi l’uguaglianza.

Insomma, è un passo avanti, con purtroppo più di una ambiguità-opacità. Un passo avanti che anche in questo caso è dettato più dal confronto con le opposizioni che con le altre forze di governo, come già per gli ecoreati, un’altra legge che ha conosciuto un iter lunghissimo ed è stata frutto della collaborazione con le opposizioni.

La condizione necessaria, come l’ho chiamata nel libro uscito recentemente, ha ancora molta strada da fare per imporsi con il necessario rigore, appunto.

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