Ho seguito con qualche preoccupazione la discussione tra Giannini e gli insegnanti, soprattutto a partire dalla definizione di squadristi che la ministra ha dedicato ai contestatori – innumerevoli – della ‘riforma’ della Scuola.

Una precisazione prima di cominciare: a me non piace mai la violenza, nemmeno quella verbale, ma non vivo male le critiche, anche perché ci sono abituato. Spesso peraltro sono critiche non fondate, basate sul sentito dire e non provengono soltanto da tuittatori scatenati, ma anche da editorialisti dei giornaloni che quasi quotidianamente parlano di un Civati che si sono inventati.

In ogni caso, penso che i politici corrano il rischio di essere contestati. Per definizione. Fa parte della loro occupazione. E che debbano rispondere con misura e dotarsi di guance da porgere, soprattutto quando scatta l’insulto automatico.

Ciò che sorprende è semmai quando sono i politici a essere violenti e bulli. Capita con i leader della destra alle prese con una campagna fatta apposta per essere contestati (in ogni caso, non va bene tirargli bottiglie) e recentemente anche a quelli della sedicente sinistra (non vale nel caso di Giannini, eletta con Monti, per cui si dovrebbe parlare di centrodestra).

Definire squadristi gli insegnanti che si oppongono alla riforma, senza cercarne le ragioni, ma facendone una caricatura, adottando contro di loro una parola che rappresenta il contrario di chi si oppone a un governo, esagerandone i termini, è una forma di plastismo. Un po’ come la parola riforma, adottata a ogni occasione. Tanto che ci vorrebbe una riforma della parola riforma.

In questo caso, oltre al plastismo, si potrebbe parlare di fanghismo, perché la parola viene usata per delegittimare tutti quanti, sulla base di un episodio, tra l’altro: sarebbero squadristi anche quelli con i lumini in piazza di Spagna? Quelli che scrivono su Facebook? Quelli che ti chiedono conto di una cosa che riguarda il loro futuro?

Gli squadristi erano un’altra cosa. È ovvio. E non contestavano il potere, lo esercitavano in modo violento. Ora, capisco tutti i rovesciamenti, ma definire i precari come elementi violenti del potere è assurdo. E anche molto interessato.

Le parole scivolano, cambiano significato, invertono i fattori e il risultato, in questo caso, cambia. Di più, si rovescia.

Per questo ci si dovrebbe scusare: non solo per l’insulto, ma per avere usato una parola sbagliata.

Dove me l’hanno insegnato? A scuola, ovviamente.

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