L’Italicum assomiglia superficialmente a quello che viene raccontato dallo stesso segretario del Pd, ma nella sostanza è molto lontano dagli esempi con cui viene descritto.

I ‘collegi’ non sono collegi uninominali.

Il doppio turno è nazionale e non di collegio.

Il ‘maggioritario’ non è un maggioritario ma un premio di maggioranza tipo Porcellum (che c’è praticamente) solo in Italia), assegnato a chi supera il 40% fin dal primo turno.

Sarà impossibile indivudare gli eletti, soprattutto per chi non vince (Renzi ha detto ieri che sarà costretto a presentarsi in dieci collegi diversi per sperare di essere eletto: bello, vero?), per via della ripartizione dei seggi che non è diretta – collegio per collegio.

E la legge dei sindaci non è nemmeno la legge dei sindaci: per prima cosa perché la lista che può beneficiare del premio è unica (cosa che la legge dei sindaci non prevede affatto) e non è previsto l’apparentamento, come per i sindaci. Da ultimo, la legge dei sindaci prevede che il premio vada a chi ha superato il 50% dei voti al primo turno, non il 40%.

Oltretutto, paragonarla ai sindaci, come già facevano Mario Segni e Gianfranco Fini vent’anni fa, fa pensare che in realtà si parli di un presidenzialismo mascherato (da cui dipende la composizione del Parlamento) o a un premierato senza bilanciamenti. Un fatto che non è esplicitato, ma che in realtà dovrebbe essere la vera questione di cui discutere.

In sintesi: il Pd ha sempre detto di non volere leggi elettorali votate a maggioranza. E così faremo, invece, smentendo puntualmente le premesse. Che ci hanno condotto fin qui, ma ora le premesse non servono più.

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